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Home » Cultura » Quante sono davvero le note musicali e chi le ha inventate?

Quante sono davvero le note musicali e chi le ha inventate?

Proviamo a capire qualcosa in più sulle note musicali e sui loro misteriosi incastri. Con una verità che può risultare sconcertante.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino14 Febbraio 2025
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spartito su un piano
spartito su un piano (fonte: Unsplash)
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Durante il festival di Sanremo, e l’edizione 2025 non fa eccezione, si va a caccia di somiglianze tra le canzoni in gara e brani più o meno celebri del passato. Non si tratta di plagio, va detto, ma di similitudini che fanno alzare il sopracciglio ai melomani della prima ora. Mentre gli osservatori che in genere sono di manica larga finiscono sempre per “perdonare” la scopiazzatura dicendo che in fondo le note sono sempre sette. Ma è davvero così? Non proprio. Le note musicali comunemente utilizzate nella musica occidentale sono effettivamente sette: Do, Re, Mi, Fa, Sol, La e Si. Tuttavia, considerando le alterazioni (diesis e bemolle), il sistema musicale temperato conta dodici semitoni in un’ottava. Quindi, in teoria, si può variare all’infinito, non ci sono scuse.

spartito con un violino
spartito con un violino (fonte: Unsplash)

La musica si scrive e si legge nello stesso modo ovunque? Al di fuori del sistema occidentale, altre culture hanno sviluppato scale differenti. La musica indiana, ad esempio, utilizza il sistema dei “Swaras”, mentre la musica araba e turca impiegano microtoni che suddividono l’ottava in più di dodici parti.

L’attuale nomenclatura delle note musicali si deve a Guido d’Arezzo, un monaco benedettino del XI secolo. Egli elaborò un metodo innovativo per l’insegnamento della musica, basato su un sistema mnemonico chiamato “scala esacordale”. I nomi delle note derivano dalle prime sillabe di ogni verso dell’inno “Ut queant laxis”, dedicato a San Giovanni Battista:

  • Ut queant laxis
  • Resonare fibris
  • Mira gestorum
  • Famuli tuorum
  • Solve polluti
  • Labii reatum

In seguito, “Ut” fu sostituito da “Do” per una pronuncia più agevole, e nel XVI secolo fu aggiunto il “Si”, ricavato dalle iniziali di “Sancte Ioannes”.

Il sistema di Guido d’Arezzo rese possibile la notazione musicale moderna, facilitando la lettura e la diffusione della musica scritta. Nel tempo, questo metodo si è evoluto fino alla notazione attuale, con l’aggiunta del pentagramma e delle chiavi.

E se vi va di andare a caccia di somiglianze e differenze sui brani di Sanremo 2025, allora godetevi i reel educativi di Michele Vinci (sì, il coccodrillo di X Factor).

 

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Un post condiviso da Michele Vinci (@michelevinci_music)

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