Dal 15 aprile al 15 maggio 1874 si tiene, in uno studio fotografico di Parigi, quella che verrà ricordata in seguito come la prima mostra d’arte impressionista della storia. Ma cos’era l’impressionismo? E perché si chiama così? Vi raccontiamo qui la storia di una delle correnti artistiche più importanti e influenti in assoluto, a 151 anni esatti dalla sua nascita ufficiale.
Il nome “Impressionismo” viene utilizzato per la prima volta in modo satirico, proprio nel 1874, dal critico d’arte Louis Leroy, in riferimento al dipinto Impressione, levar del sole di Monet che gli ispirava un senso di incompiutezza e che definì appunto “un’impressione”. Il rapporto contrastante con la critica e con gli ambienti accademici segnerà tutto il percorso della corrente impressionista, dalla sua formazione alla sua progressiva dispersione in nuovi movimenti artistici.
Le basi per la nascita dell’impressionismo furono poste molto prima della mostra del 1874, e più precisamente con il cosiddetto pre-impressionismo: iniziarono la loro produzione alcuni artisti che proseguivano sulla scia del Romanticismo di Delacroix e del Realismo di Courbet e Millet, che già si erano imposti per la loro rottura con la tradizione e per la riscoperta della pittura paesaggistica, aggiungendovi però una maggiore semplicità di composizione e soggettività. Tra questi abbiamo ad esempio i paesaggisti Constable, Turner e Corot, Boudin e Daubigny.
L’obiettivo di questi artisti, nonché di quelli che poi formarono il vero e proprio gruppo impressionista, era quello di riuscire a esporre le loro opere al Louvre di Parigi, a una mostra biennale denominata semplicemente Salon. Nel 1859 alcuni vi riuscirono, come Pissarro, Daubigny, Corot e Rousseau, segnando il passaggio dalla pittura storica a quella paesaggistica e di genere; altri, come Manet, Fantin-Latour e Whistler furono rifiutati; ad ammirare la mostra vi erano anche Degas e Monet, con i loro rispettivi maestri Moreau e Boudin. Nel 1863 viene inaugurata da Napoleone III una nuova mostra, il Salon des Refusés, destinata ad accogliere tutti gli artisti che non rispettavano i canoni accademici delle Belle Arti: tra questi Manet, il cui dipinto Colazione sull’erba destò un tremendo scandalo e fu definito immorale dall’opinione pubblica.

A partire dal 1866 un gruppo di artisti cominciò a riunirsi al caffè Guerbois di Parigi, situato nella Grande-Rue-des-Batignolles: lo scopo del gruppo di Batignolles era quello di confrontarsi e crescere artisticamente insieme, accomunati dal loro rifiuto verso le regole accademiche; oltre ad alcuni pittori (come Manet) erano presenti anche scrittori (come Emile Zola), critici d’arte, fotografi e artisti di vario tipo. Nel 1868 Renoir, Bazille e Pissarro vennero accolti al Salon grazie a una giuria più clemente rispetto al passato; l’anno seguente vennero esposte opere di Renoir, Morisot, Degas e Sisley, considerati parte della “scuola di Batignolles”.
Lo scoppio della guerra franco-prussiana del 1870-71 ebbe conseguenze pesanti sul gruppo di Batignolles: alcuni membri partirono per il fronte, alcuni morirono e altri, come Pissarro e Monet, dovettero fuggire a Londra, qui Monet incontrò però il critico d’arte Paul Durand-Ruel, che per i successivi 4 anni espose nella sua galleria opere del gruppo, in particolare Degas, Pissarro, Renoir, Monet e Manet. Anche al termine del conflitto, comunque, il gruppo sembrava più diviso che mai.
Il 15 aprile 1874, nel prestigioso studio fotografico di Nadar, venne allestita finalmente una mostra organizzata dal gruppo, presentatosi come Société anonyme des artistes peintres, sculpteurs et graveurs (“Società anonima di pittori, scultori e incisori”). La mostra, organizzata volutamente in contemporanea con il Salon, espose 175 dipinti di 30 diversi pittori principalmente impressionisti: un compromesso tra Degas e Monet, in disaccordo sull’opportunità o meno di accogliere artisti che avevano fatto delle concessioni pur di essere ammessi al Salon in passato. Furono proprio loro due, insieme a Renoir, ad attirare maggiormente l’attenzione di pubblico e critica, con reazioni contrastanti.

Fu in questo periodo che i collezionisti d’arte cominciarono a interessarsi agli impressionisti, dando agli artisti un contributo preziosissimo per l’organizzazione di mostre e in generale per la diffusione della loro arte, soprattutto in un periodo in cui la critica ufficiale era particolarmente ostile nei confronti di alcuni pittori. Il Salon del 1877 chiuse infatti le porte a coloro che avevano esposto opere in mostre impressioniste, scoraggiando molti artisti dal proporle anche in futuro.
Solo a partire dagli anni ’80 del XIX secolo l’impressionismo cominciò davvero ad affermarsi, grazie anche a un progressivo ricambio generazionale nelle schiere dei critici d’arte più influenti. La loro popolarità fu tale da influenzare le opere di alcuni pittori accademici come Gervex e Bastien-Lepage, che ne sfruttarono alcuni tratti creando una versione “ammorbidita” dell’impressionismo, denominata juste milieu (“giusto mezzo”). Il successo di questa corrente presso critici e mercanti d’arte portò naturalmente una ulteriore popolarità anche agli impressionisti veri e propri, diffondendone i principi estetici in tutta Europa e anche negli Stati Uniti.
Negli anni ’90 si assistette alla “canonizzazione” dell’impressionismo: dopo l’ammissione all’Esposizione Universale di Parigi, molte opere (soprattutto di Manet, Monet, Renoir e Pissarro) entrarono a far parte delle collezioni nazionali francesi. Allo stesso tempo, però, il gruppo di Batignolles cominciò lentamente a disperdersi, poiché molti suoi membri originari morirono o smisero di realizzare nuove opere. L’impressionismo cominciò a questo punto a evolversi in varie correnti alternative e a volte anche molto diverse tra loro ma tutte facenti parte del post-impressionismo: ricordiamo a questo proposito Gauguin, Van Gogh, Matisse, Picasso, Munch e Toulouse-Lautrec.