Il 4 maggio 1949 si consumò una delle più gravi tragedie della storia dello sport italiano: l’intera squadra del Grande Torino perse la vita nello schianto dell’aereo Fiat G.212 della compagnia ALI (Avio Linee Italiane) contro il muraglione della Basilica di Superga, sulla collina che sovrasta Torino. Nell’incidente morirono 31 persone, tra cui giocatori, tecnici, giornalisti e membri dell’equipaggio.
I giocatori del Grande Torino
Il club granata perse 18 calciatori, molti dei quali titolari anche nella Nazionale italiana. Erano:
- Valerio Bacigalupo, portiere
- Aldo Ballarin, difensore
- Dino Ballarin, secondo portiere, fratello di Aldo
- Eusebio Castigliano, centrocampista
- Rubens Fadini, centrocampista
- Guglielmo Gabetto, attaccante
- Ruggero Grava, attaccante
- Ezio Loik, centrocampista
- Virgilio Maroso, difensore
- Danilo Martelli, centrocampista
- Valentino Mazzola, capitano e simbolo del Torino, padre dei calciatori Sandro e Ferruccio
- Romeo Menti, attaccante
- Pietro Operto, difensore
- Franco Ossola, attaccante
- Mario Rigamonti, difensore
- Julius Schubert, attaccante ungherese
- Sauro Tomà, unico giocatore della rosa rimasto a casa per infortunio (non presente sull’aereo).
Lo staff tecnico e dirigenziale
- Ernest Egri Erbstein, allenatore e direttore tecnico (di origini ungheresi ed ebreo, sopravvissuto alle leggi razziali)
- Leslie Lievesley, allenatore in seconda
- Ottavio Cortina, massaggiatore
- Ippolito Civalleri, dirigente
- Andrea Bonaiuti, medico sociale.
I giornalisti
Anche alcune importanti firme del giornalismo sportivo italiano perirono:
- Renato Casalbore, fondatore di Tuttosport
- Luigi Cavallero, La Stampa
- Mario Luigi Francone, Gazzetta del Popolo
- Renato Tosatti (padre di Giorgio Tosatti), Gazzetta del Popolo.
L’equipaggio dell’aereo
- Pierluigi Meroni, pilota
- Celeste D’Inca, copilota
- Antonio Pangrazi, motorista
- Celestino D’Agata, radiotelegrafista.

Il Torino dell’epoca era considerato una delle squadre più forti del mondo. Aveva vinto cinque campionati consecutivi, dal 1942 al 1949 (con l’interruzione dovuta alla guerra), ed era la colonna portante della Nazionale italiana. La formazione tipo della Nazionale in quegli anni era composta quasi interamente da giocatori granata, al punto che il CT Vittorio Pozzo, anch’egli presente a Superga il giorno del riconoscimento dei corpi, usava schierare in blocco la squadra granata.
La trasferta che precedette la tragedia era un’amichevole in Portogallo contro il Benfica, organizzata in onore del capitano lusitano Francisco Ferreira. L’aereo precipitò alle ore 17:03 del 4 maggio 1949, mentre era in fase di atterraggio all’aeroporto di Torino-Aeritalia. Le indagini stabilirono che la causa dello schianto fu una combinazione di errore umano e condizioni meteorologiche avverse. Una fitta nebbia e forti raffiche di vento impedirono ai piloti di vedere il rilievo della collina di Superga. L’altimetro non indicava correttamente la quota effettiva e l’aereo impattò con la parte posteriore della basilica.
La tragedia di Superga rappresentò una ferita collettiva per l’Italia del dopoguerra. Il lutto fu nazionale: ai funerali parteciparono oltre mezzo milione di persone. Il Torino fu proclamato Campione d’Italia 1948-49 d’ufficio, con le squadre avversarie che accettarono di schierare formazioni giovanili nelle restanti partite.