La rivalità tra Fausto Coppi e Gino Bartali è stata, e continua ad esserlo ancora oggi, una delle più celebri della storia dello sport italiano. Ma fu davvero autentica oppure si è trattato di una contrapposizione costruita dai media e dalle tifoserie dell’epoca?
La risposta è più complessa di quanto si possa pensare ed esula il semplice ambito sportivo andando a toccare differenze culturali e sociali. Gino Bartali, toscano, classe 1914, era un campione già affermato prima della Seconda guerra mondiale. Cattolico devoto, conservatore, schivo e legato ai valori tradizionali, ha rappresentato per molti italiani del dopoguerra la continuità con un passato rassicurante.

Da parte sua, Fausto Coppi, piemontese, di cinque anni più giovane, esplode nel ciclismo negli anni ’40. Innovatore negli allenamenti e nell’alimentazione, più aperto al progresso e alle novità, viene visto come l’icona di un’Italia moderna, laica e proiettata verso il futuro. La loro rivalità, dunque, é stato lo specchio di un paese spaccata in due, tra Nord e Centro-Sud, tra innovazione e tradizione, tra monarchici e repubblicani, tra il pubblico che parteggiava per “Ginettaccio” e quello che adorava il “Campionissimo”.
Dal punto di vista sportivo, poi, la loro contrapposizione ha dato vita ad una leggenda che vive ancora oggi e che si è misurata a colpi di pedalate nelle tappe più dure del Giro d’Italia e il Tour de France. I due, infatti, gareggiano spesso fianco a fianco, spingendosi a superare i propri limiti. Memorabile è il Tour de France del 1952, quando Coppi e Bartali si passano una borraccia durante una tappa alpina. Un gesto di rispetto che diventa simbolo di sportività ed ha fatto discutere per anni su chi l’ha porta per primo.
Andando oltre le loro differenze caratteriali e le tensioni sportive, però, Coppi e Bartali hanno sempre nutrito una profonda stima reciproca. Il loro rapporto, inizialmente teso, infatti, si è ammorbidito con il tempo. Entrambi hanno riconosciuto l’unicità del loro duello sportivo e il ruolo che ha avuto nel rendere grande il ciclismo italiano. Un atteggiamento che Bartali ha continuato ad avere anche dopo la morte del suo rivale, ricordandolo sempre con affetto e riconoscendone il talento e l’umanità. Al di là delle schermaglie e delle differenze, dunque, tra i due c’è sempre stato rispetto, un sentimento che ha contribuito a rendere la loro rivalità un modello di lealtà sportiva.