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Home » Cultura » Che cos’è il linguaggio Braille e perché si chiama così

Che cos’è il linguaggio Braille e perché si chiama così

Il linguaggio Braille è un metodo di comunicazione davvero unico. Ecco perché si chiama così e a cosa serve.
Arianna AmbrosiDi Arianna Ambrosi21 Giugno 2025
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Immagine del linguaggio Braille, fonte: Università Vita-Salute San Raffaele.
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Il sistema braille rappresenta il metodo utilizzato per la lettura e la scrittura da parte di persone cieche o ipovedenti. Si basa sull’impiego di una tavoletta braille e di simboli standardizzati, riconosciuti a livello internazionale. Fu sviluppato all’inizio del XIX secolo e prende il nome dal suo ideatore, Louis Braille, un uomo francese non vedente. All’età di tre anni subì un incidente all’occhio sinistro nella bottega del padre, che provocò un’infezione successivamente estesa anche all’occhio destro, portandolo alla perdita totale della vista.

La famiglia di Louis non si diede per vinta e scelse comunque di mandarlo a scuola, sperando che potesse ricevere un’istruzione. Tuttavia, all’epoca le scuole non erano attrezzate per accogliere alunni non vedenti, e di conseguenza Louis fu costretto ad abbandonare gli studi. I suoi familiari, però, non si scoraggiarono e decisero di iscriverlo a un istituto appena aperto: l’Istituto per Ciechi di Parigi, fondato da Valentin Haüy.

L’istituto adottava una disciplina rigida e un approccio molto severo nei confronti degli studenti. Le attività didattiche erano incentrate soprattutto su esercizi pratici volti a sviluppare nei ragazzi l’abilità manuale necessaria per diventare apprendisti artigiani, specialmente nella realizzazione di sedie e mobili. Per quanto riguarda la lettura, il direttore Valentin Haüy aveva ideato un sistema particolare: utilizzando un filo di rame applicato su un lato del foglio, si creavano delle lettere in rilievo che i bambini potevano identificare attraverso il tatto.

Immagine della scrittura in Braille, fonte: Texas School for the Blind and Visually Impaired.

La situazione sembrò migliorare quando, nel 1821, un militare di nome Charles Barbier visitò l’Istituto. Egli aveva sviluppato un metodo di lettura pensato per permettere ai soldati di comunicare e leggere nell’oscurità e senza fare rumore. Il sistema proposto da Barbier si basava sull’uso di piccoli rilievi, disposti in modo da rappresentare i suoni delle parole anziché le lettere dell’alfabeto. Tuttavia, il metodo fu considerato troppo complicato per gli studenti e venne presto messo da parte.

Il sistema di scrittura notturna ideato da Barbier risultava eccessivamente difficile da usare. Tuttavia, Louis Braille non lo considerò del tutto inutile. Al contrario, ritenne che la struttura basata sulla disposizione di punti potesse rappresentare un valido punto di partenza per ulteriori perfezionamenti. Fu così che nacque l’alfabeto Braille. L’invenzione riscosse un successo immediato, ma non fu accolta positivamente da tutti: molte scuole ne vietarono l’utilizzo, definendolo inappropriato. In modo sorprendente, però, il divieto contribuì a rafforzarne la diffusione: le persone cieche lo adottarono fin da subito come un importante strumento di autonomia.

Per leggere e scrivere utilizzando il braille è fondamentale un apprendimento accurato del sistema. Si tratta infatti di un codice composto da simboli specifici e riconosciuti a livello globale, che rappresentano lettere, punteggiatura, numeri, segni matematici e persino simboli musicali. La struttura dell’alfabeto braille si basa su sei punti disposti all’interno di un rettangolo immaginario, della dimensione approssimativa del polpastrello dell’indice. I punti possono essere combinati in 64 modi diversi, consentendo così alle persone con disabilità visiva di esprimersi e comprendere testi. Oggi esistono opere in braille di ogni tipo, dalla narrativa alle discipline scientifiche e umanistiche, fino ai libri scolastici.

Scrivere in braille non è facile: il codice va infatti impresso sul lato opposto del foglio, invertendo sia l’ordine dei caratteri (scrivendo da destra a sinistra) sia la loro configurazione. Ogni simbolo viene costruito utilizzando la combinazione di 6 punti per cella, come spiegato in precedenza. Questi punti sono disposti su due colonne verticali da tre ciascuna, e ogni lettera è formata da uno o più di essi. Ad esempio, le prime dieci lettere dell’alfabeto, dalla A alla J, sono create utilizzando solo i quattro punti superiori. Per rappresentare le dieci lettere successive, si aggiunge il punto in basso a sinistra a quelle iniziali. Questo schema prosegue fino alla lettera T; per le lettere successive, invece, si aggiungono entrambi i punti inferiori alle combinazioni di partenza.

Immagine dei numeri in Braille, fonte: Texas School for the Blind and Visually Impaired.

Anche la punteggiatura segue lo stesso criterio, sfruttando le combinazioni dei sei punti all’interno di una singola cella. Per esempio, un punto posizionato in basso a destra segnala che la lettera successiva è maiuscola, mentre il segno di punteggiatura si riconosce grazie a un puntino in basso a destra accompagnato da due nella riga centrale. Attualmente, è possibile scrivere in braille manualmente (utilizzando una tavoletta e un punteruolo), tramite apposite macchine da scrivere braille o mediante tastiere specifiche per computer, progettate per riprodurre le combinazioni dei punti sui tasti. In questo modo, è possibile riconoscere le lettere attraverso il tatto.

Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel mondo si contano circa 285 milioni di persone con disabilità visive. Di queste, circa 39 milioni sono non vedenti, mentre le restanti presentano gravi difficoltà visive. In Italia, circa il 2,2% della popolazione convive con disturbi legati alla vista, e lo 0,3% è colpito da cecità totale. Queste cifre evidenziano quanto sia fondamentale disporre di un sistema di lettura e scrittura universalmente riconosciuto, al punto da essere considerato una delle più importanti innovazioni della storia. Il Braille ha infatti garantito alle persone con disabilità visiva un livello di autonomia e qualità della vita che difficilmente sarebbe stato possibile altrimenti.

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