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Home » Spettacolo » Com’è morto Enrico Caruso, la leggenda della lirica italiana?

Com’è morto Enrico Caruso, la leggenda della lirica italiana?

Un calvario di molti mesi portò via Enrico Caruso, tenore italiano tra i più celebri al mondo, che si è spento il 2 agosto 1921.
Enza CasalinoDi Enza Casalino2 Agosto 2025
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Enrico Caruso
Enrico Caruso (fonte: Prime Video)
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Il 2 agosto ricorre l’anniversario della morte del grandissimo tenore Enrico Caruso, spentosi a soli 48 anni per le conseguenze di una pleurite infetta. Quello di Caruso fu un vero calvario. Le sue condizioni di salute divennero preoccupanti a dicembre dell’anno precedente. Suo figlio Enrico Jr. riteneva che l’evento scatenante fosse stato un incidente avvenuto durante la rappresentazione di Sansone e Dalila, quando il tenore fu colpito al fianco sinistro da una colonna crollata dalla scenografia. Il giorno dopo, infatti, Caruso ebbe un accesso di tosse e lamentò un forte dolore intercostale.

La situazione peggiorò l’11 dicembre, quando il tenore ebbe una forte emorragia dalla gola; la rappresentazione fu sospesa dopo il primo atto. Il giorno di Natale, quando il dolore si era fatto insostenibile, gli fu diagnosticata una pleurite infetta. Operato il 30 dicembre al polmone sinistro, trascorse la convalescenza in Italia, a Sorrento. Le condizioni purtroppo precipitarono perché sopraggiunse un ascesso subfrenico, ovvero una raccolta di raccolta di pus tra il diaframma e gli organi addominali. Il primo giovane medico contattato non si assunse la responsabilità di inciderlo, perché non si sentiva all’altezza di mettere le mani su Caruso.

Quando finalmente giunse il prof. Antonio Cardarelli da Roma, la situazione ero ormai disperata. Il tenore fu visitato anche dal medico Giuseppe Moscati (poi proclamato santo) il quale confermò che non restava nulla da fare, solo Dio poteva salvare Caruso. Trasportato da Sorrento a Napoli, nel tentativo di raggiungere Roma, Caruso vi morì il 2 agosto 1921, assistito dalla moglie, dal figlio Rodolfo, dal fratello Giovanni e da tutti quelli che gli volevano bene. È sepolto a Napoli, in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto, a pochi metri dalla tomba di Totò.

Agli ultimi giorni di vita del grande tenore si ispirò, anni dopo, Lucio Dalla. Per circostanze fortuite, infatti, il cantautore bolognese si trovò ospite nella stanza dell’albergo di Sorrento dove Caruso aveva soggiornato prima di trasferirsi a Napoli, e dal racconto dei proprietari dell’albergo Lucio Dalla trasse ispirazione per comporre una delle sue più celebri canzoni, Caruso uscita nel 1986.

Caruso è tra i pochi italiani ad avere una stella nella Hollywood Walk of Fame, la strada di Hollywood dove sono incastonate oltre 2 000 stelle a cinque punte che recano i nomi di celebrità onorate per il loro contributo, diretto o indiretto, allo star system e all’industria dello spettacolo. Gli è stato dedicato asteroide, 37573 Enricocaruso, e il cratere Caruso sul pianeta Mercurio per opera di un astrofisico italiano conterraneo della famiglia del tenore.
Caruso era nato il 25 febbraio 1873 a Napoli.

Figlio di un operaio metalmeccanico e di una donna delle pulizie, Caruso iniziò a lavorare con il padre a 10 anni. Le prime nozioni di canto gli vennero insegnate dai maestri Schirardi e De Lutio. La sua fortuna iniziò quando il baritono Eduardo Missiano lo sentì cantare a un funerale nella chiesa di Sant’Anna alle Paludi e lo presentò al maestro Guglielmo Vergine, il quale accettò di dargli lezioni per migliorare la voce, ma pretese da lui il 25% dei suoi compensi, con un contratto che durò cinque anni.

Il debutto avvenne il 15 marzo 1895 in “L’amico Francesco” di Mario Morelli. Risolutivo fu il 1897: Caruso esordì al Teatro Lirico di Milano nel ruolo di Federico ne “L’Arlesiana” di Francesco Cilea. Seguirono poi tournée in Russia, a Lisbona, Roma, Montecarlo e a Londra. L’anno dopo si esibì a Buenos Aires. A novembre del 1903 si recò negli Stati Uniti, dopo aver firmato il contratto col Teatro Metropolitan di New York.

Nel 1897, in occasione de “La Bohème” al Politeama di Livorno, Enrico Caruso conobbe il soprano Ada Giachetti Botti, sposata e madre di un bambino. Per il tenore, Ada lasciò il marito. I due ebbero una tormentata relazione che durò undici anni e da cui nacquero due figli: Rodolfo ed Enrico jr. Nell’estate del 1908 Ada Giachetti fuggì a Nizza con l’autista, abbandonando anche i due figli. Dieci anni dopo, Enrico Caruso sposò Dorothy Benjamin, ragazza statunitense di buona famiglia, dalla quale ebbe una figlia, Gloria, nel 1919.

Ancora oggi Enrico Caruso è ritenuto una delle figure più celebri nella storia dell’opera. La sua capacità di combinare potenza e dolcezza, insieme alla sua abilità di connettersi con il pubblico, lo hanno reso un’icona culturale intramontabile.

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