Il 6 agosto 1945, un bombardiere B-29, noto come Enola Gay, entrò nella storia sganciando la prima bomba atomica, chiamata Little Boy, sulla città giapponese di Hiroshima. L’evento segnò una svolta nella Seconda Guerra Mondiale alla quale pose tragicamente fine (almeno sul fronte del Pacifico). Ma perché un velivolo destinato a una missione così devastante porta un nome apparentemente così personale? La risposta è, per la scelta del pilota. Andiamo con ordine.
Il bombardiere, un Boeing B-29 Superfortress, fu scelto per la sua avanzata tecnologia: progettato per volare a lungo raggio, poteva trasportare carichi pesanti come la bomba atomica da 4 tonnellate. L’aereo apparteneva al 509° Gruppo Bombardieri, un’unità speciale creata per il Progetto Manhattan voluto da Oppenheimer, il programma segreto statunitense per sviluppare l’arma nucleare. Ma il nome Enola Gay non aveva nulla a che fare con la missione militare. Fu scelto dal colonnello Paul Tibbets, il pilota e comandante della missione, in onore di sua madre, Enola Gay Haggard Tibbets.

Enola Gay Haggard era una donna dell’Illinois e aveva sempre sostenuto il figlio nella sua carriera militare. Tibbets, che aveva 30 anni al tempo della missione, decise di rendere omaggio alla madre dando il suo nome al velivolo, una pratica comune tra i piloti dell’epoca per personalizzare i loro aerei. Questo gesto rifletteva un’abitudine diffusa durante la guerra, quando i nomi di familiari, fidanzate o celebrità venivano dipinti sugli aerei per portare fortuna o esprimere un legame personale.
Nel caso dell’Enola Gay, il nome fu dipinto sul muso del bombardiere pochi giorni prima della missione. Dopo il 6 agosto 1945, l’Enola Gay tornò alla base di Tinian, nelle Isole Marianne, e fu successivamente utilizzato in altre missioni, tra cui il secondo bombardamento atomico su Nagasaki, come aereo di supporto meteorologico. Oggi, il velivolo è conservato al National Air and Space Museum di Washington, D.C., come testimonianza di un momento cruciale della storia.