Nel diritto canonico si parla di delitto di scisma quando un gruppo di fedeli si separa dal corpo della Chiesa cattolica, in aperta opposizione a essa. La si critica, esempio, a livello di disciplina, gerarchia o dottrina. Rispetto all’eresia – l’opposizione contraddittoria a una verità rivelata e ritenuta tale dalla Chiesa cattolica – e apostasia – ovvero il ripudio del proprio credo – lo scisma non nega una verità di fede. Esso, in sintesi, contesta il primato del Papa. In questo modo, chi compie uno scisma si allontana dalla Chiesa per formare un’altra comunità religiosa.
Se chi attua lo scisma è un semplice fedele, rischia la scomunica latae sententiae. Ovvero la rimozione dal suo ufficio. Nel caso la persona sia un religioso, come avvenuto con monsignor Carlo Maria Viganò, la pena prevista è la scomunica, quindi l’esclusione dalla comunità dei fedeli. Seguita da dimissione dallo stato clericale in casi molto gravi.
Monsignor Viganò e la battaglia contro Bergoglio
Fin qui, vi abbiamo parlato del cosa, ma ora parliamo anche del chi, perché Monsignor Carlo Viganò è stato il protagonista nelle ultime ore di un caso destinato a far discutere. Il dicastero per la Dottrina della Fede aveva infatti convocato il 20 giugno l’ex nunzio negli Stati Uniti (che non si è presentato) per discutere delle accuse di scisma che gli sono state mosse per una serie di gravi affermazioni pubbliche. Lo ha rivelato lo stesso presule in un post sul suo account X:
𝗔𝗻𝗻𝗼𝘂𝗻𝗰𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁 𝗿𝗲𝗴𝗮𝗿𝗱𝗶𝗻𝗴 𝘁𝗵𝗲 𝘀𝘁𝗮𝗿𝘁 𝗼𝗳 𝘁𝗵𝗲 𝗲𝘅𝘁𝗿𝗮𝗷𝘂𝗱𝗶𝗰𝗶𝗮𝗹 𝗰𝗿𝗶𝗺𝗶𝗻𝗮𝗹 𝘁𝗿𝗶𝗮𝗹 𝗳𝗼𝗿 𝘀𝗰𝗵𝗶𝘀𝗺 (art. 2 SST; can. 1364 CIC)
The Dicastery for the Doctrine of the Faith has informed me, with a simple email, of the initiation of… pic.twitter.com/sVQmV2U4Af
— Arcivescovo Carlo Maria Viganò (@CarloMVigano) June 20, 2024
Viganò, infatti, in più di una occasione ha contestato la legittimità di papa Francesco. Ultima, in ordine di tempo, lo scorso dicembre quando ha attaccato il pontefice per il documento Fiducia Supplicans sulla benedizione delle coppie omosessuali. In quella circostanza il nunzio parlò di “falsi pastori, servi di Satana a iniziare dall’usurpatore che siede sul soglio di Pietro“.
Monsignor Viganò non è sembrato turbato più di tanto dalle accuse, parlando anzi di onore per questa sua condizione:
“Questa Chiesa agisce in evidente discontinuità e rottura con tutti i Papi della storia e con la Chiesa di Cristo (…) Cinquant’anni fa, in quello stesso Palazzo del Sant’Ufficio, l’arcivescovo Marcel Lefebvre fu convocato e accusato di scisma per aver respinto il Vaticano II. La sua difesa è mia; le sue parole sono mie; e le sue argomentazioni sono mie“.
Marcel Lefebvre, lo ricordiamo, si oppose alle riforme apportate dal Concilio Vaticano II. In particolare alla soppressione della messa in latino e all’ecumenismo. E nel 1970 operò uno scisma, fondando in Svizzera la Fraternità sacerdotale San Pio X. Fu sospeso a divinis nel 1976 da papa Paolo VI. E scomunicato da papa Giovanni Paolo II nel 1988.
Cosa succederà ora a Viganò? Come detto, ieri non si è presentato all’udienza. Quindi, se entro il 28 giugno 2024, non presenterà una difesa scritta oppure non comparirà, l’arcivescovo “sarà giudicato in sua assenza“.