Jair Messias Bolsonaro, figura controversa e carismatica della politica brasiliana, ha guidato il Paese come 38° presidente dal 2019 al 2023. La sua storia, segnata da un percorso atipico dall’esercito alla presidenza, cela anche radici italiane meno conosciute, un dettaglio che potrebbe sorprendere molti. Nato a Glicério, nello stato di San Paolo, il 21 marzo 1955, Bolsonaro proviene da una famiglia con un ricco background migratorio.
Le origini italiane di Bolsonaro si intrecciano con la storia della sua famiglia paterna, originaria del Veneto. Il bisnonno, Vittorio Bolzonaro (con la “z”), nacque ad Anguillara Veneta, in provincia di Padova, nel 1878. Emigrò in Brasile all’età di dieci anni, insieme alla sorella Giovanna e al fratello Tranquillo. Questo legame con l’Italia aggiunge un ulteriore livello di complessità alla figura di Bolsonaro, spesso descritto come un politico populista con idee di estrema destra.
La carriera militare di Bolsonaro ha profondamente influenzato la sua visione del mondo. Dopo essersi diplomato all’Academia Militar das Agulhas Negras di Resende nel 1977, specializzandosi in artiglieria, ha servito nell’Exército Brasileiro durante la dittatura militare, terminata nel 1988. Quest’esperienza militare ha plasmato il suo pensiero politico e le sue posizioni spesso controverse su temi come la sicurezza e l’ordine pubblico.
Dopo aver lasciato l’esercito con il grado di capitano nel 1988, Bolsonaro ha intrapreso la carriera politica, venendo eletto consigliere comunale a Rio de Janeiro. Da lì, la sua ascesa è stata costante: eletto deputato federale per la prima volta nel 1991, è stato rieletto più volte, rappresentando diversi partiti politici nel corso degli anni. Nel 2018 ha vinto le elezioni presidenziali, segnando una svolta nella politica brasiliana. La sua presidenza è stata caratterizzata da politiche conservatrici e da una forte polarizzazione dell’opinione pubblica. Il suo governo, oggetto di dibattiti e controversie, ha lasciato un segno indelebile nella storia recente del Brasile.

Nelle scorse ore Bolsonaro è stato condannato a 27 anni e 3 mesi di reclusione per tentato golpe di stato, criminalità organizzata, abolizione violenta dello stato di diritto, danneggiamento aggravato e deterioramento del patrimonio storico. Insieme a lui sono stati condannati anche sette dei suoi collaboratori.
Il processo, trasmesso in diretta televisiva, ha tenuto il Brasile con il fiato sospeso. La Corte Suprema, chiamata a emettere un verdetto a maggioranza semplice, ha ascoltato lunghe requisitorie prima di giungere alla decisione. Questo evento segna un momento storico per il Brasile, che per la prima volta dopo la dittatura militare porta alla sbarra un ex leader con l’accusa di golpe di stato.
Il giudice Alexandre de Moraes, figura chiave dell’accusa, ha paragonato Bolsonaro a un capomafia, affermando che non ci sono dubbi sul suo ruolo nell’organizzazione del complotto, che avrebbe incluso anche il piano per l’omicidio del suo rivale politico, Luiz Inácio Lula da Silva, attuale presidente del Brasile, del suo vice e dello stesso de Moraes. Il culmine del complotto sarebbe stato l’assalto ai palazzi istituzionali di Brasilia l’8 gennaio 2023, una settimana dopo l’insediamento di Lula.
Bolsonaro ha la possibilità di presentare appello. I suoi alleati politici stanno già lavorando per ottenere un’amnistia dal Congresso, supportati anche dalle pressioni della Casa Bianca. Donald Trump, che ha già imposto dazi record al Brasile in risposta a quella che considera una “caccia alle streghe”, ha definito la condanna “molto sorprendente”, tracciando un parallelo con la sua situazione.



