Enrico Mentana, decano del giornalismo televisivo italiano (dopo un breve parentesi in Rai alla fine degli anni Settanta, nel 1991 fondò, dirigendolo per 13 anni, il neonato telegiornale di Canale 5; ora è direttore del notiziario di La7) ha avuto un passato di militanza ideale all’interno del Partito Socialista Italiano, dal 1975 al 1992, seguita alla frequentazione di formazioni anarchiche in ambito universitario: per alcuni anni, Mentana è stato anche direttore della rivista Giovane Sinistra.
Successivamente, come conferma lui stesso in una recente intervista ad Aldo Cazzullo al Corsera, rilanciata da Huffington Post, Mentana abbandona, a partire dal 1992, qualsiasi appartenenza politica, predicandosi come imparziale:
“Ero anarchico. Diverso dagli anarco-insurrezionalisti di oggi. Con due compagni di scuola, Michele Serra, il bravissimo giornalista, e Guido Salvini, il magistrato che ha ottenuto una sentenza definitiva su Piazza Fontana, militavo in un piccolo gruppo che si chiamava Movimento socialista libertario. A Milano eravamo minoranza: il movimento studentesco era stalinista, e Stalin gli anarchici li faceva fucilare. Ma era anche la Milano di Pinelli e Valpreda. Avevamo una passione per la sinistra antiautoritaria, un’utopia romantica sconfitta dalla storia
Mentana, anche negli anni socialisti, non sarebbe però mai diventato “uomo di partito”: “Ho votato socialista dal 1975 al 1992; poi non ho più votato; conservo gli ideali di progresso, di diritti civili, di giustizia sociale della mia giovinezza; ero diventato vicedirettore del Tg2 a 27 anni, ma dovetti lasciare; non era da me fare il portabandiera” [Rai 2, secondo la divisione dei poteri dell’epoca, era di impronta socialista, mentre Rai 1 era in mano alla Democrazia Cristiana e Rai 3 storico feudo comunista].
Nel 2012, nel pieno dell’ascesa ‘populista’ di Beppe Grillo, Mentana lanciò una provocazione, attraverso la sua pagina FB, paventando la fondazione di un partito democratico ed egualitario: “Mi piacerebbe fondare un movimento per il lavoro ai giovani, da portare alle elezioni. Poggerebbe su un programma semplice: ribaltare tutto il nostro impianto sociale e normativo, politico e sindacale, che tutela fino in fondo chi è già inserito nel mondo del lavoro, delle professioni e della pubblica amministrazione – dai diritti sul lavoro, ai mutui, ai sussidi …di disoccupazione, alle pensioni – tutto a scapito delle nuove generazioni“.