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Home » Cultura » Andy Warhol e le zuppe Campbell, storia di due miti super Pop

Andy Warhol e le zuppe Campbell, storia di due miti super Pop

Ecco come Andy Warhol ha trasformato in arte le zuppe Campbell, riscrivendo la storia (pop) dell'arte contemporanea.
Tiziana MorgantiDi Tiziana Morganti6 Agosto 2024
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Andy Warhol e le zuppe Campbell
Andy Warhol e le zuppe Campbell (fonte: Vanity Fair America)
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Il nome di Andy Warhol e il marchio delle zuppe Campbell sono uniti indissolubilmente in un matrimonio artistico che ha dettato uno dei momenti più importanti della così detta Pop Art. È il 1962 quando Warhol realizza quella che tecnicamente è conosciuta come 132 Campbell’s Soup Cans, Si tratta di un’opera d’arte composta da ben 32 tele in polimero raffiguranti tutte le varietà dei barattoli di zuppa Campbell allora in commercio e particolarmente consumate dagli americani.

La tecnica utilizzata per realizzarle è la stampa serigrafica semi-meccanizzato ma, andando ben oltre questo, l’opera ha un valore culturale incredibile, visto che ha contribuito a rendere la Pop Art uno dei maggiori movimenti artistici degli Stati Uniti. Oltre a questo, poi, segnano il successo di un semplice illustratore commerciale assurto ad artista grazie alla sua visione particolare e alla volontà di raccontare il contemporaneo attraverso gli oggetti alla base del concetto stesso di consumismo. In questo modo, dunque, Warhol di distanzia nettamente dallo stile dell’impressionismo astratto tanto di moda all’inizio degli anni sessanta. Una scelta che, al tempo stesso, gli garantisce i giudizi negativi della critica per il suo eccessivo didascalico espressivo ed una fama illimitata per l’innovazione e la modernità proposta.

Come una zuppa è diventata un simbolo

La serie della zuppa Campbell al MOMA
La serie della zuppa Campbell al MOMA – Fonte: MOMA

Spesso dietro un evento importante c’è sempre una motivazione molto semplice. E, stando ai collaboratori e amici di Warhol anche per l’opera d’arte delle zuppe Campbell è andata così. Sembrerebbe, infatti, che il padre della Pop Art abbia scelto proprio questo soggetto grazie al suggerimento di Muriel Latow, una degli assistenti artistici commerciali. All’epoca era un’aspirante decoratrice d’interni e proprietaria della Latow Art Gallery a Manhattan. Durante una giornata come tante, dunque, ha suggerito a Warhol di dipingere “qualcosa che vedi ogni giorno e qualcosa che tutti riconoscono, qualcosa come una lattina di zuppa Campbell”. Un’idea particolarmente apprezzata da Warhol che, il giorno successivo, acquista al supermercato una cassa contenente tutte le zuppe.

Secondo altri racconti, invece, la scelta cade proprio si questo prodotto visto che era uno dei suoi preferiti. Alcune storie, infatti, narrano che i suoi pranzi consistevano in queste zuppe ogni giorno. A questo punto, avendo le confezioni sempre sotto gli occhi, sarebbe nata la scintilla ispiratrice. Una cosa, comunque, è certa. L’artista non decide di riprodurre le zuppe Campbell per un accordo commerciale con la società. Nonostante apprezzasse in modo notevole avere una grande disponibilità economica, Warhol non avrebbe mai tolto significato alla sua opera stringendo una semplice accordo pubblicitario. 

La prima volta della zuppa Campbell a Los Angeles

Warhol e le zuppe Campbell
Warhol e le zuppe Campbell – Fonte: Vanity Fair

Attualmente le tele raffiguranti la zuppa Campbell sono custodite all’interno del MOMA a New York. Nonostante questo, però, non è stata la città a tenere a battesimo la loro prima esposizione. Questo compito, infatti, è spettato niente meno che a Los Angeles, dove il collezionista Irving Blum offre a Warhol la possibilità di esporre le sue opere per un mese alla Ferus Gallery. 

In questo modo, dunque, il 9 luglio 1962  le zuppe Campbell, con i loro diversi gusti, cercano di conquistare la città degli angeli ma l’impresa non è assolutamente facile. Il pubblico, infatti, assiste piuttosto interdetto e molti pareri negativi arrivano da parte della critica. Così, al termine del mese espositivo, solo cinque tele sono state vendute sottocosto. Le stesse che Irving Blum decide di acquistare per mantenere l’insieme dell’opera intatto. la stessa che Warhol decide di vendere al collezionista per dieci rate da 100 dollari ciascuna. Collezione che è stata, poi, acquisita dal MOMA nel 1996. 

 

 

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