Valentina Mira è la scrittrice che, con la sua seconda pubblicazione Dalla stessa parte mi troverai, in finale per il premio Strega, ha scatenato gli attacchi della destra e, in modo particolare, di Fratelli d’Italia. Trentatreenne romana, oggi viene identificata come la nuova Michela Murgia per la capacità di scuotere coscienze e, forse, dare qualche scossone al potere costituito.
Laureata in Giurisprudenza, la scrittura non arriva immediatamente nella sua vita. All’inizio, infatti, lavora come rider, cameriera e operatrice nei call center. Poco dopo, inizia anche la sua attività di giornalista per diverse testate come Il Manifesto e Il Corriere della Sera. Tra il 2017 e il 2018, poi, ha curato anche la pagina culturale de Il Romanista.
La grande occasione, però, arriva con la pubblicazione di X nel 2021, opera prima edita da Fandango che aveva già attirato l’attenzione di molti per il suo contenuto fortissimo. Il romanzo, infatti, racconta lo stupro subito da ragazza da parte di un ragazzo, appartenente alla galassia neofascista, che non denuncerà mai. “Quando ho iniziato a scrivere X erano da poco successe alcune cose che hanno ispirato l’ultima parte del libro. Cose che hanno smosso una serie di ricordi per cui non bastava più la terapia. Dovevo proprio elaborarle per iscritto, mi stavano a magna’ viva“.
Ma cosa, adesso, ha scatenato l’ira della destra?
Stando a quanto dichiarato dalla stessa Mira, tutto inizia per la pubblicazione di un estratto del libro su L’Espresso, prima dell’uscita in libreria di Dalla stessa parte mi troverai. Tema centrale di queste pagine è una notizia datata, risalente al 2008. Ossia quando Giorgia Meloni pose una corona di fiori in via Acca Larentia sulla croce celtica circondata da braccia tese nel classico saluto fascista. Da quel momento è stato montato un vero e proprio caso politico da parte di Federico Mollicone e Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, i quali hanno accusato il libro di sciatteria. Identificandolo come un atto di resilienza politica per attaccare il governo.
Di fatto, però, le intenzioni della Mira sembrano essere state completamente diverse. Il tema centrale della sua pubblicazione, infatti, non sono i fatti dell’attentato avvenuto proprio a Acca Larentia nel 1978, e culminato con la morte di alcuni rappresentanti missini. Piuttosto il suo scopo è quello di fare luce sulla vicenda di Mario Scrocca e della sua famiglia che, dopo molti anni, ancora non hanno ricevuto giustizia.
Scrocca finì in manette dieci anni dopo proprio per i fatti di Acca Larentia in base alle rivelazioni di una pentita Livia Todini, all’epoca quattordicenne. La donna parlò di un certo Mario riccio e bruno ma non lo riconobbe nel corso del riscontro fotografico. La tragedia, però, avviene esattamente un giorno dopo il suo arresto, ossia il 1 maggio 1987. Mario, infatti, si impicca nella sua cella. Un evento bizzarro, visto che il ragazzo si trovava in vigilanza a vista con cella aperta. Per un “errore” nel cambio di consegna degli agenti penitenziari, però, questa si trasforma in controllo ogni dieci minuti dallo spioncino.
In questo senso, dunque, il libro di Valentina Mira si pone dalla parte delle vittime. Tutte, senza nessun tipo di distinzione, Allo stesso tempo, però, come lei stessa ha dichiarato, non può lasciar correre di fronte a chi strumentalizza degli eventi drammatici del passato per mantenere in vita dei rituali pericolosi. Lo scorso gennaio, infatti, la commemorazione del 46mo anniversario della strage di Acca Larentia, si trasformò in un raduno neofascista. Centinaia di militanti di estrema destra esibirono il saluto romano davanti al luogo della strage.