Dominick Dunne, è stata una delle figure di spicco nel mondo del giornalismo investigativo e del true crime in America. Nato nel 1925, ha iniziato la sua carriera nel mondo dello spettacolo, producendo film di successo come “The Boys in the Band”, uno dei primi ad affrontare la tematica omosessuale, e “The Panic in Needle Park”. Fu però, un tragico o evento personale a modificare nettamente la sua vita. Nel 1982, infatti, la figlia, Dominique Dunne, conosciuta per la sua partecipazione nel film Poltergeist, muore assassinata dal suo fidanzato. Ciò lo spinge a dedicarsi al giornalismo e a concentrarsi soprattutto su casi di cronaca nera che coinvolgevano l’alta società.
L’uomo, John Thomas Sweeney, viene condannato a sei anni ma ne sconterà solamente due. Un avvenimento, questo, che ha spinto Dunne a dare voce proprio alle vittime di crimini violenti e a denunciare le ingiustizie del sistema giudiziario attraverso degli articoli particolarmente intensi pubblicati spesso su Vanity Fair. Il primo riguarda proprio il suo caso personale e risale al 1984 con il titolo Justice: A Father’s Account of the Trial of his Daughter’s Killer.
Nel corso degli anni, dunque, inizia ad occuparsi di celebri casi e relativi procedimenti penali. Tra i più importanti ci sono quelli relativi a O. J. Simpson, Claus von Bülow, Michael Skakel, William Kennedy Smith e, ovviamente, i fratelli Lyle ed Eric Menéndez.
Al di là dei successi letterari ottenuti, però, anche la vita privata di Dunne ha fatto parlare e discutere. Sposato con Ellen Beatriz Griffin dal 1954 al 1965 e padre di tre figli, tra cui l’attore Griffin Dunne, nel 2009 si definisce per la prima volta bisessuale in una intervista apparsa sul The Times of London. Oltre a questo, poi, ha confermato la sua omosessualità in altre lettere private e in alcuni diari prima di morire ad 83 anni il 25 agosto 2009. Nella serie di Netflix, Monsters, dedicata proprio al caso Menéndez, è intrepretato da Nathan Lane.