Il codice Morse, noto anche come alfabeto Morse, è un sistema di comunicazione che ha segnato un’epoca, permettendo di trasmettere lettere, numeri e segni di punteggiatura attraverso segnali a intermittenza. Nato nel XIX secolo come uno dei primi metodi per comunicare a distanza, rappresenta una forma pionieristica di comunicazione digitale. Ideato da Samuel Morse e perfezionato da Alfred Vail, il codice Morse utilizza una combinazione di punti (•) e linee (—), chiamati “dit” e “dah”, per codificare messaggi; ancora oggi, nonostante sia tecnicamente obsoleto, mantiene imperturbato il suo fascino tra radioamatori e appassionati.
Samuel Morse, pittore e inventore statunitense, iniziò a lavorare sulla telegrafia nel 1832, spinto dal desiderio di creare un sistema di comunicazione rapido. Nel 1835 aveva già progettato un primitivo sistema di relè, ma fu l’incontro con il tecnico di talento Alfred Vail, nel 1837, a dare forma al codice Morse per come lo conosciamo oggi. Vail sviluppò infatti un sistema in cui ogni lettera o simbolo era rappresentato da una sequenza unica di punti e linee, trasmessa tramite un tasto telegrafico.
Il codice Morse si basa appunto su questo principio semplice ma rigoroso: ogni carattere è rappresentato da una combinazione di punti (segnali brevi) e linee (segnali lunghi), separati da pause. La durata di un punto è l’unità di tempo base, mentre una linea dura 3 volte tanto; gli spazi tra i simboli di una stessa lettera equivalgono a un punto, quelli tra le lettere a 3 punti, e quelli tra le parole a 7 punti. Ad esempio, la parola “SOS”, il celebre segnale di soccorso, si scrive ••• ——— ••• (tre punti, tre linee, tre punti).
Il codice può essere trasmesso in diversi modi:
- Sonoro: con suoni brevi (“dit”) e lunghi (“dah”), tipico della radiotelegrafia.
- Visivo: tramite lampi di luce, come nelle segnalazioni navali con torce.
- Tattile: con pressioni brevi e lunghe, spesso usate in contesti militari o da persone non vedenti.
- Elettrico: attraverso impulsi su cavi telegrafici.
Questa versatilità, unita alla capacità di funzionare con attrezzature minime e in condizioni di segnale debole, ha reso il Morse adatto per comunicazioni in ambienti difficili e ha contribuito alla sua popolarità a livello mondiale.

A differenza dei moderni codici binari, che usano solo 2 stati (0 e 1), il codice Morse ne impiega 4: punto, linea, pausa breve (tra lettere) e pausa lunga (tra parole). Ogni carattere ha una sequenza unica, come •— per la “A” o —•• per la “D”; per memorizzarlo si usano fonemi: “ti” per il punto e “ta” per la linea. Ad esempio, la “M” (——) si legge “ta-ta”. Questa tecnica permette agli operatori di riconoscere i caratteri come suoni distinti, senza dover contare i simboli.
Il codice Morse internazionale, usato ancora oggi, è un’evoluzione dell’originale “American Morse Code” impiegato nei primi sistemi telegrafici su filo, che includeva pause interne ai caratteri; la versione internazionale, adottata per la radiotelegrafia, si limita invece a punti e linee. La sua efficienza è tale da richiedere poca ampiezza di banda, e questo lo rende ideale per trasmissioni radio a lunga distanza.
Nel XIX e XX secolo il codice Morse fu il cuore delle comunicazioni a distanza, usato nelle ferrovie, nelle spedizioni marittime e durante le guerre; durante la Seconda Guerra Mondiale fu cruciale per trasmettere messaggi tra navi e basi militari, grazie alla sua capacità di penetrare segnali disturbati. Rimase lo standard internazionale per le comunicazioni marittime fino al 1999, quando fu sostituito dal Global Maritime Distress and Safety System (GMDSS).
Nonostante il declino, il codice Morse sopravvive tra i radioamatori, che lo usano per comunicare su frequenze dedicate; il suo suono distintivo è presente anche in contesti inaspettati, come la suoneria “SMS” dei telefoni Nokia (••• —— •••). Alcuni codici speciali, come “CQ” (chiamata generale, da “Calling any station“) o “AR”(fine messaggio), sono ancora in uso tra gli appassionati.