Giovanni Pico della Mirandola, nato il 24 febbraio del 1463, è ricordato come una delle menti più brillanti del Rinascimento. La sua straordinaria capacità di memorizzazione è stata spesso oggetto di racconti e aneddoti, ma quanto c’è di vero in queste affermazioni? Diversi scritti dell’epoca riportano che Pico fosse in grado di ricordare interi testi dopo una sola lettura e di discutere su centinaia di tesi filosofiche senza bisogno di appunti. Leggenda narra che riuscisse addirittura a recitare a memoria l’intera Divina Commedia. E a pronunciarla all’indietro, dall’ultima parola alla prima. La sua opera più celebre, “Conclusiones philosophicae, cabalisticae et theologicae”, dimostra una conoscenza enciclopedica di discipline come filosofia, teologia, cabala ed esoterismo.

Giovanni Pico della Mirandola avrebbe anche accettato la sfida di discutere pubblicamente 900 tesi su varie materie, fatto che contribuì a rafforzare la sua fama di mente prodigiosa. Era il 1486 e il luogo della disputa sarebbe stato Roma. Tuttavia, l’evento non si svolse mai poiché la Chiesa ritenne alcune delle sue tesi eretiche e ne proibì la discussione.
Sebbene non si possa verificare con certezza l’ampiezza delle sue capacità mnemoniche, diversi fattori potrebbero aver contribuito alla sua eccezionale memoria:
Pico utilizzava tecniche come il “palazzo della memoria”, una tattica mnemonica che consiste nell’associare informazioni a luoghi familiari per facilitarne il richiamo. La sua invenzione risale al poeta Simonide di Ceo, che sviluppò questa prassi dopo aver notato come la memoria spaziale fosse il gancio perfetto per ricordare concetti complessi. Pico ha fatto di questo metodo una vera e propria opera d’arte.
Inoltre, in quegli anni era abbastanza frequente nei giovani di famiglia nobile e ricca essere sottoposti a un’intensa educazione in molteplici discipline. Cosa che ha contribuito a rafforzare la sua capacità di memorizzazione.