Il realismo del film di Trần Anh Hùng, Il gusto delle cose, è tale da aver fatto pensare a una storia vera. In realtà, il protagonista maschile, il gastronomo Dodin-Bouffant non sarebbe mai esistito. Lasciamo il condizionale per una piccola curiosità che spieghiamo più avanti. Premiato a Cannes lo scorso anno con la Palma per la miglior regia, Il gusto delle cose, ambientato nel 1885, parla di uno chef molto famoso, interpretato da Benoît Magimel e del suo rapporto sentimentale (e non solo) con la cuoca sopraffina Eugénie, la splendida Juliette Binoche. Il personaggio, però, come detto, sarebbe solo una creazione artistica. Il regista vietnamita, infatti, si è limitato ad adattare per il grande schermo il romanzo La vie et la passion de Dodin-Bouffant, gourmet scritto da Marcel Rouff e pubblicato nel 1924.
È chiaro però che in questa figura così particolare di amante della cucina e del mangiar bene confluiscano delle vere ispirazioni. In primis, quella dello stesso Rouff che oltre a essere scrittore è stato anche critico culinario rinomato. Svizzero, classe 1877, scrisse infatti, con il collega Curnonsky, i 28 volumi dell’enciclopedico La France gastronomique: Guide des merveilles culinaires et des bonnes auberges françaises. Un compendio dettagliatissimo sulle prelibatezze del cibo francese. Un’opera così monumentale da valere a Rouff e Curnonsky il titolo di ‘inventori della guida gastronomica’.
Eppure, secondo quanto riferisce il sito dell’editore francese Menu Fretin, lo stesso Curnonsky, proprio nel libro, parla di Dodin-Bouffant. “L’anno scorso, Marcel Rouff e io, con il nostro amico Dodin-Bouffant, abbiamo fatto un primo viaggio di studio preliminare ad Aunis e Saintonge…“. Può darsi allora, che Dodin-Bouffant esistesse. In mancanza di prove certe, lasciamo aperto il mistero.
Ma c’è anche un’altra ispirazione importante in Dodin Bouffant, quella di Anthelme Brillat-Savarin, autore dell’importante libro La fisiologia del gusto. Nel volume, risalente al 1825, Savarin, politico e giurista di fama riconosciuta, parlava con tono ironico di cucina, filosofia e scienza. Diede vita, così, a un saggio unico nel suo genere, diventato in breve tempo un caposaldo della cosiddetta cucina borghese, ovvero in aperta antitesi a quella dei nobili. Quindi basata su alimenti freschi e accostamenti originali dei sapori.