L’assassinio di Federico García Lorca nella notte tra il 18 e il 19 agosto 1936 rimane uno dei crimini più drammatici della Guerra Civile Spagnola. Il grande poeta andaluso, aveva solo 38 anni quando cadde sotto i colpi delle milizie franchiste. Quando scoppiò la rivolta militare contro la Seconda Repubblica Spagnola nel luglio 1936, García Lorca si trovava a Madrid. Spaventato dalla situazione, decise di tornare nella sua Granada natale per stare con la famiglia. La città andalusa era caduta rapidamente sotto il controllo dei ribelli, dando inizio a una spietata campagna di repressione contro tutti i sospetti oppositori del regime.
Il 16 agosto 1936, mentre il governatore di Granada era assente dalla città, una dozzina di uomini armati si presentò alla casa dei Rosales, dove il poeta aveva cercato rifugio. Nonostante i tentativi della famiglia Rosales di proteggere l’ospite, García Lorca venne arrestato e trasferito nel quartier generale della Falange a Víznar.
Gli assassini accusarono il poeta di essere “socialista, omosessuale e massone”, tre “crimini” che nella Spagna franchista equivalevano a una condanna a morte. Ma dietro queste accuse ideologiche si nascondevano motivazioni più complesse e personali.
Il tenente colonnello Velasco Cimarro, figura chiave nell’ordinare l’arresto, nutriva un rancore particolare verso García Lorca dal 1928, quando il poeta aveva pubblicato il “Romancero Gitano” contenente il “Romance della Guardia Civil Spagnola”, un’opera che criticava aspramente le azioni di questo corpo militare. Inoltre, esistevano antiche rivalità familiari tra i García Lorca e i Roldán, alimentate da conflitti sia politici che economici.

Un altro elemento scatenante fu la pubblicazione de “La Casa di Bernarda Alba”, dove il poeta aveva ritratto negativamente alcuni personaggi locali, incluso “Pepe il Romano”, che secondo alcune testimonianze partecipò personalmente all’arresto. Queste offese letterarie si trasformarono in desiderio di vendetta quando si presentò l’occasione.
Dopo essere stato trattenuto nella sede del governo civile, García Lorca venne trasferito a “La Colonia”, un luogo nei pressi di Víznar trasformato in centro di detenzione per i condannati a morte. Durante quella che sarebbe stata la sua ultima notte, il poeta si dedicò a incoraggiare i suoi compagni di sventura, fumando una sigaretta dopo l’altra.
Quando comprese il suo destino, García Lorca chiese di confessarsi, ma il sacerdote aveva già lasciato il luogo. Una guardia lo aiutò a recitare un Padre Nostro che il poeta aveva quasi dimenticato. Gli fu fatto scrivere una lettera al padre, chiedendogli di consegnare mille pesetas al latore come donativo per le forze armate – un inganno crudele per estorcere denaro alla famiglia.
All’alba del 19 agosto, García Lorca fu condotto insieme ad altri tre prigionieri – due toreri anarchici e un maestro di scuola – verso Fuente Grande, una sorgente nelle campagne tra Víznar e Alfacar. Il suo corpo non fu mai ritrovato, e la sua tomba rimane ancora oggi un mistero. Nel 2009 il governo andaluso condusse scavi nell’area di Fuentegrande de Alfacar, ma l’operazione si rivelò un completo fallimento, non ritrovando “nemmeno un osso”.