Nel mondo antico e medievale non esisteva un orientamento cartografico universale. In Egitto molte mappe avevano il sud in alto, seguendo il corso del Nilo. Nell’Europa cristiana l’est era considerato il punto di riferimento, in quanto associato a Gerusalemme (orientarsi viene proprio da questo). Le culture islamiche ponevano spesso il sud verso l’alto, in relazione a La Mecca, mentre popoli come i Cinesi mettevano il nord in alto, forse per motivi cerimoniali. Allora perché siamo portati a considerare il nord come in alto? Il merito va dato a Claudio Tolomeo, geografo e astronomo vissuto ad Alessandria d’Egitto nel II secolo d.C. Nella sua opera Geographia introdusse coordinate di latitudine e longitudine e disegnò il mondo conosciuto con il nord in alto, probabilmente perché disponeva di poche informazioni sull’emisfero sud. Il suo modello fu riscoperto nel tardo Medioevo e consolidato in Europa all’inizio del Rinascimento.
La forte valenza del nord come punto di orientamento, poi, è di diretta derivazione marinaresca, visto che i naviganti avevano come punto di riferimento la stella polare, che indica sempre il nord.

Nel XVI secolo, cartografi come Gerardus Mercator svilupparono proiezioni orientate con il nord in alto, rafforzando la pratica grazie alla sua utilità nella navigazione attraverso rotte con bussola e l’uso della mappa per mantenere rotta e direzione.
Sul fronte scientifico, nel 1831 il britannico James Clark Ross individuò per la prima volta il nord magnetico, il punto verso cui tende l’ago della bussola, nella penisola di Boothia, Canada. Questo fenomeno rafforzò ulteriormente l’idea del nord “in alto” su mappe e carte nautiche.
Oggi l’orientamento con il nord in alto è uno standard globale, ma resta una convenzione storica, non ha alcun fondamento geografico o “naturale”. È una scelta consolidata da secoli di tradizione europea, tecnologia di navigazione e diffusione della cartografia renana.