Delle tante stranezze di Patricia Highsmith, considerata la regina del romanzo noir, quella di portare nella sua borsa delle lumache è certamente la più conosciuta (e discussa). A quanto pare, la scrittrice texana era solita mettere nella sporta questi graziosi gasteropodi, per usarli all’occorrenza quando si annoiava. Motivo? Il desiderio di spaventare il prossimo, mostrandogli una creatura all’apparenza innocua, ma raccapricciante.
Nata a Fort Worth in Texas, il 19 gennaio 1921, stesso giorno di Edgar Allan Poe, è passata alla storia per i suoi romanzi dai protagonisti tormentati e oscuri, proprio come il Ripley della miniserie che da oggi è su Netflix, e per le sue eccentricità. Highsmith, infatti, collezionava lumache e le faceva gironzolare per casa. Ne aveva 300 nel giardino della casa in Suffolk, in Inghilterra. Una volta ne portò 100 a un cocktail party, nascoste in un cespo di lattuga nella borsa. E quando si dovette trasferire in Francia, dove non era ammessa l’introduzione di animali, le sistemò nel reggiseno.
Il primo incontro “particolare” con le lumache avvenne nel 1946 al mercato del pesce di New York dove la scrittrice vide l’abbraccio tra due chiocciole. Le portò a casa e le sistemò in una vaschetta, guardandole copulare. “Mi danno tranquillità. E poi è impossibile dire quale sia la femmina e quale il maschio, perché il loro comportamento è lo stesso“. Un’ossessione, la sua, uguale a quella del protagonista del suo racconto del 1964 Il Guardalumache, Peter Knoppert. Il quale a un certo punto si arrendeva alle chiocciole che avevano affollato il suo appartamento, facendosi divorare da loro. Highsmith usava spesso questi animaletti come metafora della violenza del capitalismo e sono presenti in tante altre novelle come in Acque profonde, e The Quest for Blank Claveringi.
Nell’intento dell’autrice, dunque, le lumache sono affatto tenere, anzi, rappresentano la stranezza e l’orrore della realtà. Ecco perché si divertiva a farle strisciare sul tavolo, spaventando i “malcapitati” di turno. Del resto nei suoi diari ha sempre detto di sentirsi affascinata da ciò che è morboso, crudele e anormale.
Nell’ultimo film di Wim Wenders, Perfect Days, il protagonista leggeva un racconto di Patricia Highsmith, Urla d’amore. Il libro racconta la storia di un ragazzo che si identifica in una tartaruga (un altro animale con la corazza) torturata a morte dalla di lui madre. Tanto da spingerlo a ucciderla.