Il Massacro del Circeo è una delle pagine più oscure e dolorose della storia criminale italiana, un evento che, tra il 29 e il 30 settembre 1975, ha squarciato il velo di una società che si credeva al riparo da tanta efferatezza. Questo crimine, avvenuto nel comune di San Felice Circeo, in provincia di Latina, ha visto come vittime due giovani amiche romane, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez. Tra i responsabili ed aguzzini, invece, tre ragazzi provenienti da famiglie agiate della capitale: Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira. Tutti loro sono stati i protagonisti di uno dei più efferati casi di rapimento, stupro, tortura e omicidio che ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, rivelando un abisso di violenza inaspettato.
La vicenda ha inizio con un inganno. Donatella, studentessa di 17 anni, e Rosaria, una barista di 19, sono entrambe residenti nel popolare quartiere della Montagnola. Pochi giorni prima degli eventi conoscono due dei tre aguzzini, Izzo e Guido. L’incontro avviene al bar della torre “Fungo” dell’EUR, tramite un amico comune ignaro delle intenzioni dei due. I ragazzi, che si presentano in modo garbato e irreprensibile, invitano le amiche a una festa nella villa di un amico a Lavinio. Quella festa, però, non si sarebbe mai tenuta.

Il 29 settembre, Izzo e Guido, accompagnati dalle due ragazze, arrivarono a Villa Moresca, una dimora di proprietà della famiglia Ghira situata sul promontorio del Circeo, in zona Punta Rossa. Qui avrebbero dovuto incontrare l’altro amico per poi proseguire verso Lavinio. Dopo qualche ora trascorsa a chiacchierare e ascoltare musica, però, l’atmosfera cambia drasticamente. I due ragazzi rivelano le loro vere intenzioni, chiedendo alle ragazze di avere dei rapporti intimi. Al loro rifiuto, insistono offrendo un milione di lire a ciascuna.
Di fronte all’ennesimo diniego, però, Gianni Guido tira fuori una pistola, minacciando le ragazze e dichiarando di far parte della banda dei Marsigliesi. Da quel momento comincia l’inferno. Le due amiche vengono chiuse in bagno, in attesa dell’arrivo di Andrea Ghira. La mattina seguente. Angelo Izzo, però, inizia a picchiarle furiosamente e le separa, rinchiudendole in bagni diversi.
La violenza si intensifica con l’arrivo di Ghira. Donatella Colasanti, nel suo straziante racconto, ha descritto come sono state somministrate loro delle punture e, non ottenendo l’effetto desiderato, si decide di passare a metodi ancora più brutali. Rosaria Lopez, dunque, viene portata in un’altra stanza, dove è cloroformizzata. Donatella sente le sue urla e poi, all’improvviso, il silenzio. Rosaria è stata uccisa.
A sua volta la ragazza viene colpita alla testa con il calcio della pistola, poi trascinata per casa con un laccio al collo nel tentativo di strangolarla. Svenuta e poi ripresasi, sente qualcuno che le tiene un piede sul petto mentre la colpisce in testa con una spranga di ferro. In un atto di disperata lucidità, capisce che l’unica via di salvezza è fingersi morta.
A quel punto viene messa nel portabagagli di un’auto, e poco dopo, è caricata anche Rosaria. Donatella sente la chiusura del cofano e la frase di uno degli aguzzini: “Guarda come dormono bene queste due“. Il suo coraggio e la sua incredibile forza di volontà le permettono di sopravvivere, venendo ritrovata la sera del 30 settembre 1975, ancora viva nel bagagliaio dell’auto, grazie a una segnalazione.
Il caso e la sua testimonianza sconvolgono l’opinione pubblica del tempo, soprattutto perché i tre responsabili provengono da famiglie romane benestanti. Andrea Ghira è figlio dell’imprenditore edile e campione olimpico di pallanuoto Aldo Ghira. Angelo Izzo, studente di medicina, e Gianni Guido, studente di architettura, completano il trio. I tre, però, non sono nuovi a crimini violenti: Ghira e Izzo hanno precedenti per rapina a mano armata, e Izzo è stato condannato per aver violentato due ragazzine. Tutti loro, inoltre, sono militanti di movimenti di estrema destra, legati al neofascismo, un dettaglio che aggiunge un’ulteriore, inquietante sfaccettatura a un crimine già di per sé atroce. In questo senso, dunque, il Massacro del Circeo è diventato un simbolo della violenza di genere e della lotta per i diritti delle donne, scuotendo profondamente la coscienza civile italiana e innescando un dibattito fondamentale sulla sicurezza e sulla giustizia.