L’Italia del Dopoguerra era un paese ferito, segnato dalle cicatrici della guerra. La povertà, la fame e le disuguaglianze sociali erano all’ordine del giorno, soprattutto nelle regioni del Sud. Ed è in questo contesto che nasce un’iniziativa straordinaria, un gesto di solidarietà che avrebbe cambiato la vita di migliaia di bambini: i treni della felicità.
L’idea di portare i bambini del Sud, sfiniti dalla miseria, in famiglie del Nord, più fortunate, nasce dalla volontà di un gruppo di intellettuali e attivisti comunisti, tra cui Teresa Noce. L’Unione Donne Italiane (UDI) e il Partito Comunista Italiano (PCI), dunque, si mobilitano per organizzare un vero e proprio esodo di minori, un’operazione logistica complessa che ha richiesto un impegno enorme.
Il primo treno parte nel dicembre del 1945, carico di speranza e di sogni. Migliaia di bambini, provenienti dai quartieri più poveri delle grandi città del Sud, lasciano le loro case per affrontare un viaggio verso un futuro migliore ma pauroso. Vengono, infatti, accolti da famiglie del Nord, disposte ad aprire le porte delle loro case e a condividere con loro un pezzo della propria vita.
Il Treno dei bambini, dunque, ha rappresentato molto più di un semplice trasferimento di persone. È stato un simbolo di rinascita, un esempio di come la solidarietà può superare le divisioni e le avversità. L’esperienza di quei bambini, infatti, ha segnato un’intera generazione, lasciando un segno indelebile nella storia del nostro Paese.
A questa storia, Viola Ardone ha dedicato il romanzo Il treno dei bambini, che Cristina Comencini ha adattato per Netflix. Nel cast Serena Rossi e Barbara Ronchi