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Home » Cultura » Storia » Cos’era la Rerum Novarum di Leone XIII?

Cos’era la Rerum Novarum di Leone XIII?

Papa Leone XIII è famoso per aver promulgato nel 1891 un'enciclica sociale intitolata "Rerum Novarum". Ecco di cosa si tratta.
Gabriella DabbeneDi Gabriella Dabbene15 Maggio 2025
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Papa Leone XIII
Papa Leone XIII (fonte: Corriere del Ticino)
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Da quando Robert Francis Prevost è stato eletto papa e ha scelto il nome di Leone XIV, sono stati in molti a interrogarsi sulle motivazioni di questa scelta, e ad ipotizzare come suo principale ispiratore il suo immediato “predecessore”, ossia Leone XIII. Tra le tante innovazioni di cui questo Pontefice fu promotore vi fu anche un nuovo approccio da parte della Chiesa su alcune questioni sociali, affrontate nell’enciclica Rerum Novarum. Vediamo insieme in cosa consiste e perché è stata così importante.

Alla fine del XIX secolo l’impatto della rivoluzione industriale era fortemente sentito anche a livello sociale, con gli operai costretti a lavorare e vivere in condizioni spesso disumane mentre l’avanzata del capitalismo concentrava le ricchezze nelle mani di pochi individui. I cattolici erano divisi tra il laissez-faire filo-capitalista, difensore del progresso a qualsiasi costo, e il movimento socialista che inneggiava a una rivoluzione vicina a quella propugnata da Marx; e non mancavano i nostalgici delle antiche corporazioni medievali.

Il 15 maggio 1891 fu promulgata la Rerum Novarum (“Le cose nuove”), prima enciclica sociale della storia, che si pose come risposta alla “questione operaia” sulla quale la Chiesa aveva sempre mantenuto riserbo fino ad allora: un grido d’allarme contro le ingiustizie ma anche un invito a guardare il lavoro umano con occhi nuovi. Secondo Leone XIII la Chiesa non può ignorare coloro che soffrono, faticano, vengono oppressi da padroni privi di scrupoli o da un sistema economico spietato.

"Il Pontefice Leone XIII pronuncia davanti al fonografo le parole dell'apostolica benedizione", un'illustrazione di Achille Beltrame
“Il Pontefice Leone XIII pronuncia davanti al fonografo le parole dell’apostolica benedizione”, un’illustrazione di Achille Beltrame (fonte: Bridgeman Images)

Si tratta innanzitutto di una posizione di mediazione. Ai socialisti che avrebbero abolito la proprietà privata il papa rispose con fermezza che il diritto di possedere era naturale, in quanto frutto del lavoro umano: un operaio che risparmia e compra un pezzo di terra non è un ladro ma un uomo che costruisce il suo futuro. La proprietà non è il male, ma lo è l’avidità che la concentra in poche mani. Quanto ai padroni, il Pontefice lanciò un monito: i lavoratori non sono schiavi ma persone con dignità, e trattarli come merce è un peccato contro Dio e contro l’umanità intera.

Convinto che la società potesse funzionare solo in caso di corretto e civile dialogo tra le parti, Leone XIII invitava poi lavoratori e datori di lavoro a formare associazioni (come sindacati e cooperative) che tutelassero i diritti di tutti, senza cedere a rabbia o invidia. Egli prese dunque le distanze dal concetto di lotta di classe, considerato una strada senza uscita. Il papa mostrò inoltre un occhio di riguardo verso le fasce più oppresse della popolazione, come donne e bambini: il lavoro, secondo lui, deve rispettare la natura di chi lo svolge, e lo Stato ha il dovere di proteggere chi non può difendersi da solo promulgando leggi che limitino lo sfruttamento e garantiscano giustizia.

La Rerum Novarum fu il documento che accese la dottrina sociale della chiesa, ripresa e ampliata nel secolo successivo da altre encicliche come la Quadragesimo Anno di Pio XI o la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II: si tratta di un testo che dipinge il ritratto di un’epoca in trasformazione, e ricorda alla Chiesa e ai suoi fedeli che costruire una società più giusta non è un sogno ma una responsabilità.

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