Ci sono degli atleti che non si limitano a collezionare vittorie nella loro disciplina, ma fanno anche breccia nel cuore del pubblico per la loro tenacia e il loro carisma, anche al di fuori delle competizioni: appartiene senz’altro a questa categoria di sportivi Muhammad Ali, al secolo Classius Clay, vincitore di 1 oro olimpico e 3 titoli mondiali ma soprattutto pugile indimenticabile dal profondo impatto mediatico e dal forte impegno in campo sociale, che riuscì a rivoluzionare il suo sport e il suo Paese.
Cassius Marcellus Clay Jr. nasce a Louisville, nel Kentucky, nel 1942 da una famiglia di origini nigeriane, malgascie e irlandesi. Trascorre l’infanzia subendo attacchi e soprusi tipici della segregazione razziale di quegli anni, e rimane profondamente turbato dal barbaro omicidio del giovanissimo Emmett Till del 1955. Quando un ragazzo gli ruba la sua amata bicicletta, il poliziotto Joe E. Martin lo porta alla palestra Columbia di Louisville suggerendogli di imparare a difendersi: è proprio così che il giovane Cassius comincia a prendere lezioni di boxe, dimostrando fin da subito un enorme talento.
La sua carriera sportiva, dopo 100 vittorie e solo 5 sconfitte in campo amatoriale, lo porta a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, a soli 18 anni; al suo ritorno in patria egli la getterà con disprezzo nel fiume Ohio, in segno di protesta contro la discriminazione razziale che lui stesso continua a subire: ne riceverà una sostitutiva a quelle di Atlanta, nel 1996, in cui fa anche da tedoforo. Questo suo grande senso di riscatto e di sfida rimane comunque una costante per tutta la sua carriera e vita.
Cassius passa ora al pugilato professionista, dove esordisce con 19 vittorie e 0 sconfitte fino al 1963 sfidando alcuni dei pugili più promettenti dell’epoca nonché il suo ex allenatore Archie Moore; la sua vittoria contro Doug Jones nel 1963 viene nominata “incontro dell’anno” e lui “pugile dell’anno” dalla rivista specializzata Ring Magazine. Più controversa invece quella contro Henry Cooper dello stesso anno, in cui Cassius è autore di una rimonta creduta impensabile; in tutti questi incontri si diverte a prendere in giro gli avversari, sminuendoli e vantandosi della propria superiorità, cosa che scatena le ire dei “puristi” della boxe ma lo rende un personaggio singolare nell’ambiente.

Cassius non risparmia insulti nemmeno nei confronti di Sonny Liston, campione del mondo dei pesi massimi del 1962, che non esita a definire in più occasioni “grande brutto orso” e a sfidare pubblicamente in un incontro tenutosi il 25 febbraio 1964. Il campione, pur dotato di una forza brutale, non riesce a eguagliarne la velocità e a schivarne i colpi, e alla fine di 6 pur combattuti round, annuncia il ritiro: Cassius Clay viene dichiarato vincitore per knock-out tecnico e nuovo campione del mondo dei pesi massimi.
Due giorni dopo, il neo-campione del mondo annuncia di essersi convertito all’Islam ed essere entrato nella setta della Nation of Islam (la stessa di cui faceva parte Malcolm X); il 6 marzo egli dichiara anche di aver abbandonato il suo “nome da schiavo”, adottando quello di Muhammad Ali. Il 25 maggio del 1965 ha luogo l’incontro di rivincita con Liston, in un’atmosfera assai tesa: Ali ha ricevuto minacce da parte dei sostenitori di Malcolm X, che lo accusano della sua morte, e circolano voci su un presunto attentato anche ai danni di Ali. Ciononostante, Ali ha la meglio anche stavolta con un K.O. su un Liston in pessima forma, che non smette di insultare e provocare anche quando è ormai riverso sul tappeto.
Ali difende il suo titolo mondiale contro i più grandi talenti della boxe, restando comunque imbattuto. Nel 1966 si rifiuta di arruolarsi per non partecipare alla guerra del Vietnam “al servizio dei padroni bianchi”: questo gesto gli vale una condanna a 5 anni di prigione e ritiro della licenza necessaria per praticare il pugilato, con conseguente squalifica di 3 anni. Una sentenza del 1970 gli concede nuovamente la licenza, consentendogli di tornare a sbaragliare i suoi avversari sul ring.
Il declino della carriera di Ali comincia nel 1976, quando le sue vittorie sono ai punti anziché per il suo temutissimo K.O.; nell’anno seguente perde il titolo, sempre ai punti, e poco dopo aver vinto la rivincita annuncia di volersi ritirare. Nel 1980 e nel 1981 il pubblico assiste ai suoi ultimi due tentativi di tornare alla ribalta, ma entrambi si concludono con una sconfitta.
Ali comincia a mostrare i primi segni del morbo di Parkinson, che lo costringe a movimenti molto lenti e a una minore reattività e che gli viene diagnosticato ufficialmente nel 1984. Dopo il ritiro le sue apparizioni in pubblico si diradano progressivamente, con il peggiorare delle sue condizioni di salute; l’ultima nel 2016, in occasione di un evento di beneficenza a Phoenix. Si spegne nello stesso anno per uno shock settico dopo una serie di complicazioni respiratorie che lo hanno costretto al ricovero in ospedale.