Il 6 giugno 1944 le truppe alleate, composte da inglesi, americani e canadesi, sbarcano sulle coste della Normandia cambiando definitivamente le sorti del secondo conflitto mondiale. Un’operazione, questa, progettata per molto tempo sotto il nome Neptune, parte marittima della più ampia operazione Overlord, ma passata alla storia con la denominazione di D-Day. Una sigla indubbiamente particolare che non si ricollega inc nessun modo al nome ufficiale e nemmeno al luogo dello sbarco. Nonostante questo ha una motivazione molto importante che fa riferimento alla necessaria segretezza dell’operazione. Con D-Day, infatti, s’intende essenzialmente un codice militare utilizzato dalle truppe anglosassoni equivalente alla definizione di Giorno X.
Un escamotage da usare all’interno delle documentazioni ufficiali e delle veline per impedire, in caso di un’eventuale fuga di notizie, di svelare al nemico il giorno e l’ ora dell’operazione militare.
Allo stesso modo è stato definito l’orario, utilizzando la denominazione di H – Hour. In sostanza, dunque, esiste solo un D-day e una H-hour per tutte le unità che partecipano a una data operazione. Oltre la segretezza, però, c’è anche una motivazione legata strettamente all’organizzazione per utilizzare questo tipo di codici. La pianificazione per operazioni su larga scala, infatti, viene stabilita in dettaglio molto prima che venga decisa una data specifica.
In un primo momento sono emessi i vari passi da svolgere al D-day a all’H-hour. Più o meno un certo numero di giorni, ore o minuti. Poi, al momento appropriato, viene rilasciato un ordine all’interno del quale è evidenziato il giorno e l’ora precisi. Utilizzando i termini D-Day e H-Hour, è quindi possibile definire con precisione la sequenza temporale delle diverse azioni che comporranno l’operazione. Ancora prima di averne stabilito la data di inizio.