La storia tra Anita, Ana Maria de Jesus Ribeiro, e Giuseppe Garibaldi è una delle più appassionanti e leggendarie della storia. Un legame che ha unito due anime ribelli, accomunate dalla passione per la libertà e dalla dedizione alla causa rivoluzionaria. Ma fu vero amore o un legame dettato dalle circostanze? Per rispondere a questa domanda, è necessario esplorare la loro storia e il contesto in cui si è sviluppata la relazione.
Anita, nata 1821 in Brasile, è una donna forte e indipendente, cresciuta in un ambiente segnato dalle lotte per l’indipendenza del suo paese. Nel 1839, incontra Giuseppe Garibaldi, un giovane avventuriero italiano esiliato, che combatte per la Repubblica Riograndense, uno Stato indipendente autoproclamato nel sud del Brasile. La leggenda narra che, quando il futuro simbolo del Risorgimento italiano la vede per la prima volta, rimane immediatamente colpito tanto da esclamare: “Tu devi essere mia“. Da quel momento, i due diventano inseparabili.

Il loro legame si forgia, però, non nel romanticismo ma a colpi di battaglia. Anita, infatti, non è una donna comune per l’epoca. Per questo motivo accetta il rischio di combattere al fianco di Garibaldi, impara a cavalcare, a maneggiare le armi e a sopportare le fatiche della vita militare. La loro relazione si basa, dunque, su un’intesa profonda, un connubio tra passione e ideali condivisi. In sostanza, Anita non è mai stata una spettatrice passiva della vita di Garibaldi, ma una vera compagna di lotta,
Il 26 marzo 1842, dunque, i due si sposano e vivono per alcuni anni in America Latina, prima di trasferirsi in Italia nel 1848, quando Garibaldi viene chiamato a partecipare alle guerre d’Indipendenza italiane. Ed è proprio durante la prima che Anita combatte nuovamente al suo fianco, dimostrando coraggio e determinazione ma, purtroppo, perdendo la vita. Il 4° agosto 1849, infatti, la coppia è costretta ad una tragica fuga attraverso l’Appennino. La Repubblica Romana è caduta e sono inseguiti dall’esercito austriaco e francese.
Anita, incinta e già debilitata dalla fatica e dalla febbre, probabilmente dovuta a malaria o tifo, si aggrava rapidamente. Alla fine, la coppia trova rifugio in una fattoria a Mandriole, ma la giovane donna è ormai allo stremo. Muore, così, tra le braccia di Garibaldi, costretto a fuggire subito dopo per evitare la cattura. Il suo corpo, però, viene sepolto in fretta dai contadini del luogo e solo successivamente è traslato a Roma, dove oggi riposa al Gianicolo, sotto l’imponente monumento a lei dedicato.