Sylvia Plath è stata una delle voci più alte della poesia inglese. Nata a Boston il 27 ottobre del 1932, Plath si tolse la vita l’11 febbraio del 1963, nella sua casa di Londra, al culmine di una delle sue tante e gravi crisi depressive. Dopo aver preparato la colazione per i figli, sigillò con cura le finestre e si uccide con il gas. Plath, che oggi si direbbe soffrisse di disturbo bipolare, ha da sempre convissuto con una situazione psichica patologica che, pur emergendo dalle sue liriche, potenti e viscerali, ha bloccato la sua piena realizzazione artistica. Le frasi che vi proponiamo sono tratte dal suo diario e ben rappresentano il tormento interiore di una donna alla ricerca di stabilità, condannata in qualche modo a vivere in un inferno mentale.
Tra le sue opere più note c’è il romanzo semi autobiografico La campana di vetro e una serie di raccolte poetiche come The Colossus, Ariel e Lady Lazarus. Sposata al poeta britannico Ted Hughes, al quale la legava un rapporto non facile, ebbe due figli, Frieda e Nicholas. Dalle lettere spedite da Plath alla sua psicanalista prima di morire, sembra che Hughes fosse molto violento nei suoi confronti. Alla relazione tossica tra Platt e Hughes è dedicato il biopic Sylvia con Gwyneth Paltrow e Daniel Craig.
“Voglio scrivere perché ho bisogno di eccellere in uno dei mezzi di interpretazione della vita”
“Quello che mi spaventa di più, credo è la morte l’immaginazione”.
“Morire è un’arte, come qualsiasi altra cosa. Io lo faccio in un modo eccezionale. Io lo faccio che sembra un inferno, io lo faccio che sembra reale. Ammetterete che ho la vocazione”
“E allora impara a vivere. Tagliati una bella porzione di torta con le posate d’argento. Impara come fanno le foglie a crescere sugli alberi. Apri gli occhi. Impara come fa la luna a tramontare nel gelo della notte prima di Natale. Apri le narici. Annusa la neve. Lascia che la vita accada”.
“Uscire per conto mio, pensare, lavorare da sola. Condurre un’esistenza separata. Devo possedere una vita che mi sostenga da dentro”.
“Sono spaventata. Da cosa? Dalla vita senza aver vissuto, in primo luogo”.
“E vedi se, con amore e fede, senza diventare acida, fredda e amara, puoi aiutare gli altri. Questa è redenzione. Offrire l’amore che si ha dentro. Coltivare l’amore per la vita, non importa quale, e dare agli altri. Generosamente”.
“Perché non sono abbastanza presuntuosa da godermi quel che so fare senza aver paura?”.
“Fammi essere forte, forte di sonno e di intelligenza e forte di ossa e fibra; fammi imparare, attraverso questa disperazione, a distribuirmi: a sapere dove e a chi dare. A riempire i brevi momenti e le chiacchiere casuali di quell’infuso speciale di devozione e amore che sono le nostre epifanie. A non essere amara. Risparmiamelo il finale, quel finale acido citrico aspro che scorre nelle vene delle donne in gamba e sole”.
“Nostalgia, è questa la definizione comune del malessere che ora mi domina. Sono sola in camera mia, sospesa tra due mondi”.
“Ho paura di affrontare me stessa. Sto tentando di farlo stanotte. Vorrei con tutto il cuore che esistesse una qualche forma di sapere assoluto, qualcuno a cui chiedere di giudicarmi e di dirmi la verità”.
“Mi sentivo ed ero come un libro chiaro di parole sensibili e taglienti, nessuno sapeva intravederne le fragilità, si pungevano e andavano via. Sono sempre stata e mi sono sempre sentita come un libro aperto, circondato da analfabeti”.
“Sta a me scegliere: scappare dalla vita e annientarmi definitivamente, perché non sono in grado di essere perfetta da subito, senza fatica o fallimenti, o affrontare la vita a modo mio e “lavorare al meglio”.
“Tutto fluiva su di me con un lancinante grido di dolore…ricorda, ricorda, questo sta accadendo ora, ora, ora. Vivilo, sentilo, stringilo. Voglio diventare pienamente conscia di tutto ciò che finora ho dato per scontato. Ti colpisce con più forza quando senti che potrebbe essere l’addio, l’ultima volta”.
“Oggi mamma mi ha scritto una lettera di massime utili; dapprima scettica come sempre, ho letto quel che ha colpito nel segno: ‘Se ti paragoni agli altri, rischi di diventare vanitosa o amara — perché ci saranno sempre persone più o meno importanti di te… Al di là di una sana disciplina, sii buona con te stessa. Sei anche tu una creatura dell’universo come gli alberi e le stelle; hai tutto il diritto di essere qui‘”.