L’illusione della mano di gomma è un affascinante esperimento di neuroscienze che dimostra la straordinaria plasticità del cervello nel percepire il proprio corpo. Questo fenomeno, scoperto alla fine degli anni ’90, consiste nel far credere a una persona che una mano di gomma sia parte del proprio corpo. Durante l’esperimento, la mano reale del soggetto viene nascosta, mentre una mano finta viene posizionata in modo visibile. Accarezzando contemporaneamente entrambe le mani (quella reale e quella di gomma) con un pennello, il cervello integra le informazioni visive e tattili, generando l’illusione che la mano artificiale appartenga al corpo. Questo processo rivela come il cervello combini stimoli sensoriali per costruire la percezione corporea, un meccanismo noto come integrazione multisensoriale.
Una recente ricerca condotta da un team giapponese, pubblicata su Current Biology, ha dimostrato che anche i polpi, creature marine evolutivamente distanti dagli esseri umani, possono essere ingannati da un’illusione simile. Nell’esperimento, i ricercatori hanno posizionato un tentacolo finto in corrispondenza di un tentacolo reale del polpo, stimolando entrambi in modo sincronizzato.

Quando la stimolazione era simultanea e la posizione del tentacolo finto corrispondeva a quella del reale, i polpi mostravano reazioni che suggerivano un senso di “proprietà corporea” verso il tentacolo artificiale, proprio come gli umani con la mano di gomma.
Tuttavia, l’illusione svaniva se la stimolazione non era sincronizzata o se la postura del tentacolo finto era incoerente, evidenziando un processo percettivo complesso. Questa scoperta è sorprendente perché i polpi hanno un sistema nervoso radicalmente diverso da quello dei vertebrati, con due terzi dei loro neuroni distribuiti nelle braccia.
La loro capacità di cadere nell’illusione suggerisce che il senso di proprietà corporea non è esclusivo degli esseri umani o dei mammiferi, ma potrebbe essere un tratto evolutivo condiviso, sviluppatosi indipendentemente attraverso l’evoluzione convergente. Studi futuri potrebbero esplorare come questa capacità si manifesti in altre specie, offrendo spunti per applicazioni mediche e tecnologiche, come lo sviluppo di protesi più integrate con la percezione corporea.