Quando qualcuno ha un infarto, il cuore subisce un danno permanente. Il tessuto muscolare muore e al suo posto resta solo una cicatrice rigida, che indebolisce per sempre la capacità del cuore di pompare sangue. Fino a oggi i medici potevano solo controllare i sintomi, ma non far tornare il muscolo come prima. Adesso però qualcosa sta cambiando.
Un gruppo di scienziati del Mount Sinai di New York, guidato dalla dottoressa Hina Chaudhry, ha scoperto un modo per far rigenerare il cuore usando un gene che tutti noi possediamo: si chiama CCNA2. Questo gene è come un interruttore che funziona quando siamo ancora nel grembo materno, permettendo al cuore di crescere velocemente. Appena nasciamo però si spegne, e da quel momento le cellule del cuore non possono più moltiplicarsi. Ecco perché dopo un danno si forma solo tessuto cicatriziale.
La grande domanda era: possiamo riaccendere questo interruttore? I ricercatori hanno creato un virus modificato (completamente innocuo) che porta dentro le cellule cardiache una copia funzionante del gene CCNA2. Questo virus è stato progettato con furbizia: si attiva solo nelle cellule del muscolo cardiaco, evitando qualsiasi altro tessuto del corpo. È come avere una chiave che apre una sola serratura specifica.

Gli scienziati hanno testato questa terapia su cellule cardiache umane adulte in laboratorio, prelevate da donatori sani tra i 21 e i 55 anni. Filmando le cellule al microscopio, hanno assistito a qualcosa di straordinario: cellule cardiache adulte che si dividevano in due cellule figlie perfettamente funzionanti. Una cosa che la scienza riteneva impossibile.
Un dettaglio interessante: le cellule dei donatori più anziani (41 e 55 anni) hanno risposto meglio alla terapia rispetto a quelle del ventunenne. Sembra che i cuori giovanissimi conservino ancora qualche capacità naturale di rigenerarsi, quindi non ne hanno bisogno quanto quelli più maturi.
Quando il gene CCNA2 si riattiva, non lavora da solo. Risveglia un’intera rete di altri geni che riportano le cellule cardiache a comportarsi come quando eravamo appena nati. Le cellule cambiano anche il loro metabolismo, consumando energia in modo diverso, proprio come fanno le cellule dei neonati che sono ancora capaci di auto-ripararsi.
Questa capacità non è fantascienza: in natura esistono animali che riparano il cuore da soli. Il pesce zebra può far ricrescere un quinto del suo cuore dopo un danno, mentre alcuni anfibi possono rigenerare porzioni ancora più grandi. Gli scienziati stanno capendo che bastano pochi geni chiave per fare la differenza tra una cicatrice e una vera guarigione.
La terapia è già stata provata sui maiali, che hanno un cuore molto simile al nostro. I risultati sono stati incoraggianti: cuori che funzionavano meglio, meno cicatrici e un aumento del 55% delle cellule muscolari nella zona danneggiata.
Adesso il team sta preparando la richiesta per iniziare i test sugli esseri umani. Se tutto andrà bene, questa scoperta potrebbe rivoluzionare il modo di curare le malattie cardiache, riducendo la necessità di trapianti o di dispositivi meccanici invasivi.



