Le zeppole di San Giuseppe sono il dolce tipico della festa del 19 marzo, giorno dedicato a San Giuseppe, patrono dei padri e dei falegnami. Questo dessert ha origini antiche e radicate nella tradizione italiana, in particolare nel Sud, con Napoli che ne rappresenta il cuore storico. Cominciamo dall’inizio dicendo che secondo la tradizione popolare, San Giuseppe, durante la fuga in Egitto con Maria e Gesù, per mantenere la famiglia si improvvisò venditore di frittelle. Questo aneddoto ha contribuito a rafforzare il legame tra il santo e il dolce, che ancora oggi viene preparato e consumato in suo onore.

La storia vera e propria delle zeppole risale all’epoca romana, quando si preparavano frittelle di grano per celebrare le Liberalia, festività in onore delle divinità del vino e del grano. La tradizione dolciaria legata a San Giuseppe si sviluppò nel Medioevo, grazie ai monaci, e si consolidò nel XVIII secolo con la ricetta codificata dal celebre cuoco napoletano Ippolito Cavalcanti. La versione moderna prevede un impasto di pasta choux fritto o cotto al forno, guarnito con crema pasticcera e amarene sciroppate.
Johann Wolfgang von Goethe descrisse nel suo “Viaggio in Italia” il bellissimo scenario dei venditori di zeppole nella Napoli del 1787:
“Oggi poi ricorreva la festa di S. Giuseppe, patrono dei friggitori, o frittaroli che sia, intendendo la parola nel senso il più ampio; e siccome l’arte di questi richiede di continuo fuoco vivo, ed olio bollente, ogni tormento per mezzo del fuoco entra nella competenza del santo; epperciò, fin di ieri sera le case, le botteghe dei frittaroli, erano ornate di quadri, di pitture, le quali rappresentavano il purgatorio, il giudizio universale, colle anime sottoposte alla pena delle fiamme.
Ampie padelle stavano davanti alle porte, sopra focolari leggieri e portatili; un giovane porgeva il piatto dove stava la farina, un altro formava le fritelle, e le gittava nella padella dove bolliva l’olio, ed ivi un terzo giovane, muoveva con un asta in ferro le fritelle, le traeva fuori quando erano cotte a dovere, porgendole ad un quarto giovane, il quale le infilava in uno spiedo più leggiero, e le offeriva agli astanti.
Questi due ultimi ragazzacci, avevano parrucche bionde voluminose, ricciute, e pretendevano raffigurare angeli. Compivano il gruppo altre figure d’individui, i quali porgevano vino ai lavoranti, bevevano per conto proprio, e gridavano a squarciagola, facendo gli elogi della loro merce; come del resto gridavano, schiamazzavano, cuochi ed angeli pure, in una parola tutti quanti. Il popolo si affollava attorno alle padelle, imperocchè in quella sera le fritelle si vendono a minor prezzo, ed anzi una parte n’è riservata per i poveri.
Le zeppole si sono diffuse in diverse regioni d’Italia con varianti locali (sono innumerevoli). In Campania si predilige la versione fritta, mentre nel Lazio e in altre regioni settentrionali è più comune la cottura al forno. Esistono anche versioni con crema al cioccolato, ricotta o amarene fresche.
Oltre all’aspetto religioso, il consumo delle zeppole è legato alla celebrazione della figura paterna, rendendo questo dolce un simbolo della festa del papà in Italia. La loro popolarità continua a crescere, con pasticcerie e panetterie che propongono varianti sempre più elaborate, mantenendo viva una tradizione secolare.