Il dismorfismo corporeo, di cui si parla molto oggi, è un disturbo, presente nella DSM-5 (il manuale dei disturbi mentali), si rivela agli occhi di chi ce l’ha come la sopravvalutazione di minimi inestetismi o difetti fisici e l’ingigantimento dei sentimenti di disagio e preoccupazione relativi ad essi. La persona che soffre di questo tipo di disturbo spesso è cresciuta in contesti dove non veniva apprezzata per il fatto che andasse bene così com’era: i genitori o i caregiver (cioè chi si prendeva cura di loro) premevano affinché l’aspetto estetico fosse di primaria importanza e anche l’unico modo per esistere ai loro occhi.
Sarà capitato a qualcuno di voi o a qualche conoscente di rendersi conto di avere caratteristiche corporee che non ci piacciono: volersi rifare il naso, aumentare il volume delle labbra, modellare i glutei chirurgicamente. Questo “non piacersi” a volte richiama l’attenzione su un problema molto più grave e su difetti fisici che in realtà non ci sono davvero. Ecco, questa modalità di osservare e valutare il proprio corpo viene disturbo da dismorfismo corporeo.
Oltre al contesto familiare e di crescita, una causa importante in questo tipo di disturbo la giocano anche la società e i social media: ovunque ci sono immagini di corpi perfetti che stimolano l’identificazione e suggeriscono, più o meno velatamente, degli standard di bellezza a cui riferirsi. Le vittime principali, oltre che gli adulti, sono gli adolescenti che, proprio perché in un periodo di cambiamento del loro corpo, tendono a vedere difetti e inestetismi dove non ci sono perché lontani dai modelli di riferimento che hanno intorno.
Questo tipo di disturbo viene trattato normalmente con una terapia farmacologica e psicoterapeutica. Sono solo in parte d’accordo: a mio avviso in molti casi la terapia psicoterapeutica potrebbe bastare in quanto ciò che viene messa alla prova in queste persone è la loro autostima. A questo proposito ben venga la body positive, la corrente secondo cui bisogna piacersi per come si è e non per come gli altri ci impongono di essere.
(Francesco Marzano è psicologo, psicoterapeuta e psicodrammatista, si occupa di rapporti tra psicologia e cinema e dell’impatto sugli spettatori.)