Il nome di Elio Fiorucci non rappresenta solo uno storico brand ma un intero universo. Un mondo dove la moda è stata colore, libertà, energia. Dove lo stile ha parlato la lingua della strada, del pop, della musica. Un’ondata di creatività che, negli anni ’70 e ’80, ha travolto l’Italia in modo inarrestabile, rivoluzionando il modo di vestire e di pensare il quotidiano.
Fiorucci, infatti, è stato il primo a portare la cultura giovane nei negozi, a mischiare il glamour con la ribellione, a inventare una moda democratica e ironica. Ma chi era questo visionario e dove ha tratto ispirazione per la sua interpretazione del fashion?

Nato a Milano nel 1935, Fiorucci cresce nel negozio di calzature del padre. A 17 anni ha già un’intuizione: creare delle galosce colorate in plastica trasparente da indossare sopra le scarpe. È un successo immediato. Ma è solo l’inizio. Negli anni ’60, dopo un viaggio a Londra, resta folgorato dalla Swinging London, dai mercatini di Portobello, dalle minigonne di Mary Quant.
Da lì nasce l’idea di aprire, nel 1967, il primo negozio Fiorucci in Galleria Passarella a Milano. Non è solo un punto vendita, è un laboratorio creativo. Un luogo dove si vendono jeans, T-shirt stampate, accessori eccentrici, ma anche dischi, gadget, idee. Una sorta di laboratorio che lo accomunerà anche all’esperienza di Vivienne Westwood e del suo storico negozio Sex.
Fiorucci, dunque, anticipa il concetto di “lifestyle brand” quando ancora non esiste. È il primo a intuire il potenziale della contaminazione tra arte, musica e moda. Collabora con artisti come Keith Haring, Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat. Il suo store di New York, aperto nel 1976, diventa un punto di riferimento della scena downtown: un luogo di ritrovo per Madonna, Truman Capote, Grace Jones. Lì si respira la stessa energia dello Studio 54. Non è un caso che sia citato nel testo di uno dei classici dell’epoca, He’s the greatest dancer delle Sister Sledge:
He wears the finest clothes, the best designers Heaven knows
Ooh, from his head down to his toes
Halston, Gucci, Fiorucci
He looks like a still, that man is dressed to killIndossa i vestiti più belli, i migliori stilisti, solo il cielo lo sa.
Oh, dalla testa ai piedi.
Halston, Gucci, Fiorucci.
Sembra immobile, quell’uomo è vestito per uccidere.
Ma a cosa si deve tanto successo? I suoi capi raccontano l’ottimismo degli anni Ottanta: jeans super stretch, angioletti pop, colori fluo, materiali sintetici. È una moda che non ha paura di esagerare, che gioca con i simboli del consumo e li trasforma in icone. Ma soprattutto è una moda che include: il messaggio di Fiorucci è chiaro, la bellezza non ha canoni rigidi, chiunque può essere protagonista.
La sua visione, inoltre, ha chiarito che la moda non è solo estetica, ma racconto, partecipazione, spirito del tempo. Una interpretazione che ha influenzato designer come Miuccia Prada, Jeremy Scott, Alessandro Michele. Eppure, nonostante il successo internazionale, Fiorucci è sempre rimasto fedele alla sua idea originaria: vestire la gioia.
E, ad oggi, che posto occupa il marchio nel mondo della moda? Dopo alterne vicende imprenditoriali, il brand ha conosciuto diverse rinascite, ma il genio di Elio, scomparso nel 2015, resta inimitabile. Perché lui non si è limitato a vestire una generazione ma l’ha liberata.