È stato l’indumento dello scandalo, l’occasione per le donne di scoprire il proprio corpo e di liberarlo da qualsiasi folle concetto di peccato. E, proprio per tutti questi motivi, ha segnato un’epoca ed iniziato un’evoluzione culturale inaspettata. Ovviamente si tratta del capo più piccolo che la moda abbia mai pensato: il bikini.
Le origini di un capo diventato storia
Oggi fa parte del guardaroba estivo di qualsiasi donna ma, se si torna indietro con il tempo, si comprende come la sua uscita sul mercato nel lontano 5 luglio 1947 abbia suscitato più di uno stupore. Sotto la spinta ottimista data dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, dunque, un certo Louis Réard decide di regalare alle donne questo indumento capace di evidenziare la loro indipendenza.
Ma chi è quest’uomo? Un sarto? Un designer? Nulla di tutto ciò. Il bikini, infatti, nasce dall’immaginazione di un ingegnere automobilistico che, stanco del suo lavoro, decide di rilevare l’attività di lingerie della madre. Da questo a ideare il nuovo oggetto dello scandalo, però, il passo non sembra essere così breve.
La scintilla creativa, però, nasce da una giornata come tante trascorsa a Saint Tropez. Qui Réard nota come le signore in spiaggia cerchino di rendere sempre più corti i loro costumi per prendere un’abbronzatura migliore. Ecco, dunque, che scatta in lui l’idea di creare un modello che lasciasse scoperta la pancia e si fermasse proprio al di sotto dell’ombelico.
L’origine del nome
Per quale motivo, però, il due pezzi viene chiamato Bikini? A scegliere il nome è sempre Réard, che trae ispirazione proprio dall’isola di Bikini, dove gli americani stavano testando le loro armi nucleari in quel periodo. Un paragone assolutamente calzante, considerato che l’apparizione del bikini è esploso come una vera e propria bomba atomica nella cultura popolare.
I primi modelli vengono presentati durante una sfilata con una modella d’eccezione. Si tratta della spogliarellista Michelle Bernardin che, a bordo di una piscina di Parigi, sfila con quattro triangoli di soli 30 pollici di tessuto stampato con una fantasia che richiamava i quotidiani. Una scelta di tessuto tutt’altro che casuale, visto che, secondo il suo creatore, il nuovo costume aveva tutte le carte in regola per finire sulle prime pagine.
E così è stato. Alcuni di loro hanno gridato allo scaldalo. Altri hanno guardato con curiosità alla novità. Di sicuro, comunque, il bikini viene accolto con grande entusiasmo dal pubblico maschile. Dopo la sfilata, infatti Réard riceve oltre 50mila lettere di congratulazioni e la sua modella diverse proposte di matrimonio.
L’evoluzione del bikini
Una volta presentato al pubblico, però, il nuovo costume da bagno ha dovuto lottare non poco per essere universalmente accettato. In alcuni paesi dal forte stampo cattolico, infatti, rappresenta uno scandalo, la vera e propria rappresentazione del peccato. Per questo motivo, dunque, in Italia, Spagna, Portogallo, Belgio e Australia viene votato. Come in diversi stati americani.
Quando, però, negli anni cinquanta molte dive di Hollywood prendono il coraggio d’indossarlo, le cose cambiano notevolmente. La prima è stata la rossa per eccellenza, Rita Hayworth. A lei hanno fate seguito Brigitte Bardot, Marisa Allasio e, per finire, Ursula Andress nella sua storica versione da Bond Girl. A quel punto sono arrivati gli anni sessanta e i divieti iniziano a cadere anche se i centimetri di questo minuscolo capo fanno ancora discutere la Buon Costume. Ma non si può arrestare il progresso, soprattutto quello imposto dalla moda.