Un consumo anche solo apparentemente moderato di alcol può avere ripercussioni durature e gravi sul cervello. Secondo uno studio condotto su oltre 1.700 persone e pubblicato su The Lancet, superare le otto unità alcoliche settimanali, ovvero otto bicchieri di vino o birre, è sufficiente per raddoppiare il rischio di sviluppare danni cerebrali legati a demenza e problemi cognitivi. I risultati non dimostrano una causalità diretta, ma impongono di rivedere le soglie considerate sicure per il consumo settimanale.
Il lavoro, condotto da ricercatori della Scuola di Medicina dell’Università di San Paolo (Brasile), ha analizzato i tessuti cerebrali di 1.781 persone decedute, con un’età media di 75 anni, suddividendole in quattro categorie: astemi (965), bevitori moderati (319), forti bevitori attivi (129) e forti bevitori ex (368). Il criterio per definire il “forte consumo” era di almeno otto drink a settimana, equivalenti a circa 16 unità di alcol, considerando che una bevanda standard conteneva circa due unità.
L’analisi ha rivelato due principali alterazioni cerebrali associate al consumo elevato di alcol: l’indurimento delle piccole arterie cerebrali che ostacola l’afflusso di sangue e può causare demenza vascolare, e i grovigli di proteina tau, già noti marker dell’Alzheimer, che interrompono la comunicazione tra i neuroni. Questi danni sono stati osservati in percentuali crescenti dal gruppo degli astemi (40%) a quello dei forti bevitori (fino al 50%).
Ma soprattutto, dopo aver escluso altri fattori di rischio (età, fumo, attività fisica), i forti bevitori avevano una probabilità del 133% più alta di sviluppare problematiche alle arterie cerebrali rispetto agli astemi, mentre gli ex forti bevitori mostravano un rischio aumentato dell’89%. Anche i bevitori moderati non risultavano esenti, con un rischio aumentato del 60%.
Oltre ai danni strutturali al cervello, lo studio ha rilevato una riduzione della massa cerebrale in proporzione al corpo nei forti bevitori, nonché un incremento della presenza di tau tangles (+30-40% rispetto agli astemi). Questi elementi sono associati a deficit di memoria, rallentamento cognitivo e peggioramento delle funzioni esecutive. Le conseguenze si riflettono anche sulla longevità: i forti bevitori, in media, sono deceduti 13 anni prima rispetto a chi non aveva mai bevuto.

È interessante notare che persino l’astinenza successiva a un forte consumo non annulla completamente i danni: gli ex forti bevitori continuavano a presentare segni rilevabili di degenerazione cerebrale. Tuttavia, i dati suggeriscono che interrompere il consumo riduce progressivamente il rischio, pur senza annullarlo del tutto.
Dal punto di vista biologico, l’alcol interferisce con le vie di comunicazione neuronale e, in alte dosi, può compromettere il controllo delle funzioni vitali, inclusi il battito cardiaco e la respirazione. Sul lungo periodo, favorisce condizioni neurodegenerative, come la sindrome di Wernicke-Korsakoff, con effetti invalidanti e perdita di memoria permanente.
Cosa prevedono le attuali linee guida sul consumo di alcol? Parlano di limite massimo di una bevanda al giorno per le donne e due per gli uomini. Seguendo questi parametri, un uomo che consuma due drink al giorno per cinque giorni a settimana supererebbe le otto unità settimanali indicate nello studio come soglia critica.
Insomma, non è solo la quantità totale di alcol a essere rischiosa, ma anche la modalità di assunzione. Il binge drinking (quattro o più drink per le donne, cinque o più per gli uomini in un’unica occasione) è particolarmente dannoso per cervello, fegato e cuore, anche se non praticato con regolarità.