Maria Branyas, la donna che ha vissuto fino all’incredibile età di 117 anni (è morta nell’agosto 2024), ha lasciato in eredità alla scienza un tesoro prezioso: il suo DNA. Uno studio approfondito del suo genoma, condotto da scienziati spagnoli del Josep Carreras Leukaemia Research Institute di Barcellona, ha rivelato indizi sorprendenti sulla sua eccezionale longevità, aprendo nuove prospettive sulla biologia dell’invecchiamento umano.
Cosa rendeva Maria Branyas così speciale? Secondo gli scienziati, le sue cellule sembravano “comportarsi” come se fossero molto più giovani della sua età anagrafica. Superando di oltre 30 anni l’aspettativa di vita media delle donne in Catalogna, sua regione d’origine, Maria godeva di una salute generale invidiabile, caratterizzata da un’eccellente salute cardiovascolare e livelli di infiammazione molto bassi. Anche il suo sistema immunitario e il suo microbioma intestinale presentavano marcatori tipici di individui molto più giovani. Inoltre, i suoi livelli di colesterolo “cattivo” e trigliceridi erano estremamente bassi, mentre quelli di colesterolo “buono” erano molto alti.
Il ruolo della genetica e dello stile di vita. Certamente, uno stile di vita attivo, sia mentalmente che fisicamente, ha contribuito alla sua lunga vita. Anche l’alimentazione, probabilmente simile alla dieta mediterranea ricca di yogurt, potrebbe aver giocato un ruolo importante. Tuttavia, gli scienziati sottolineano che la longevità estrema è influenzata da una complessa interazione di fattori genetici e ambientali. L’analisi del DNA di Maria Branyas ha rivelato varianti genetiche rare, alcune delle quali associate a longevità, funzionalità immunitaria e salute di cuore e cervello.

Il paradosso dei telomeri corti. Un aspetto particolarmente interessante dello studio riguarda i telomeri di Maria Branyas, le estremità protettive dei cromosomi. I ricercatori hanno notato una “forte erosione” dei suoi telomeri, un fenomeno generalmente associato a un maggior rischio di morte. Tuttavia, studi recenti suggeriscono che nei supercentenari i telomeri potrebbero non essere un biomarker affidabile dell’invecchiamento. Anzi, l’ipotesi degli scienziati è che i telomeri corti di Maria Branyas potrebbero averle addirittura offerto un vantaggio, impedendo la proliferazione di cellule tumorali.
Un caso unico, ma ricco di spunti. Pur trattandosi dello studio di un singolo individuo, i risultati ottenuti da Maria Branyas offrono preziose informazioni per la ricerca sull’invecchiamento. Studi più ampi, che confrontino supercentenari con individui con una durata di vita più breve, sono necessari per confermare e approfondire queste scoperte. Tuttavia, il caso di Maria Branyas dimostra che età avanzata e cattiva salute non sono necessariamente correlate e apre nuove strade per la ricerca di biomarcatori per un invecchiamento sano e per lo sviluppo di strategie per aumentare l’aspettativa di vita.