Francesco Pierri (Cristina Prenestina) è una drag queen e e attivista LGBTQIA+, che legge libri ai bambini con il suo progetto Drag Queen Story Hour, che vuole educare i bambini alla diversità e l’inclusione tramite delle favole narrate da una Drag Queen. Cristina, che nella vita è anche assistente sociale, ha vissuto 34 anni caratterizzati da molteplici sfaccettature. “Cristina e Francesco sono due entità che coabitano lo stesso corpo, uno lascia il posto all’altra. Francesco “partorisce” Cristina con due ore di trucco, con tutto un rituale, ogni volta. Cristina ha una identità da 8 anni, ha un suo profumo che metto sempre per lasciare la sua entità. Poi Francesco “uccide” Cristina quando comincia a struccarsi“, ha raccontato.
Cristina crede che raccontare storie ai bambini, come nel progetto Drag Queen Story Hour, possa contribuire a distruggere stereotipi dannosi e promuovere l’autodeterminazione femminile. Questo universo, infatti, rappresenta un regno di fantasia in cui ognuno ha la libertà di esprimersi e costruire la propria autenticità, liberandosi da condizionamenti sociali e culturali.
All’inaugurazione della Pride Week di Aosta, tenutasi oggi 30 settembre, Cristina ha presentato una lettura per bambini, ‘Nino il T-rex’ e un laboratorio creativo. Tuttavia, l’iniziativa ha scatenato un confronto tra l’Arcigay e il capogruppo della Lega, Andrea Mafrin, contrario alla presenza di una drag queen a un evento per bambini. In risposta, l’Aosta Pride ha difeso l’evento, sottolineando che il libro promuove la lotta agli stereotipi di genere e che i genitori sono liberi di iscrivere i propri figli all’evento.
La favola che Cristina ha raccontato pone l’autodeterminazione femminile al centro, con una principessa che desidera sfidare i ruoli tradizionali e vivere liberamente, incoraggiando gli altri personaggi, come la regina rosa e il re azzurro, a fare altrettanto. Cristina si impegna a offrire un’immaginario diverso ai bambini, incoraggiandoli a abbracciare la diversità e a non sentirsi esclusi. Per Cristina, le favole devono evolversi con la società, riflettendo i cambiamenti nei valori e nei ruoli di genere, per costruire una narrazione più inclusiva delle varie dinamiche familiari e relazionali presenti nella società contemporanea.
“Ai bambini va raccontato tutto, ci deve essere la sensibilità e la consapevolezza di chi sta affrontando quell’argomento. Se raccontare una favola vuol dire distruggere quello stereotipo per cui se un bambino piange gli viene detto sei una femminuccia, ben venga. Bisogna abolire le dinamiche della società patriarcale per cui le femmine valgono meno dei maschi. I femminicidi quotidiani vengono a provare che ancora esistono queste differenziazioni e la falsa credenza per cui una donna vale meno ed è una proprietà dell’uomo“.
“La nostra generazione deve essere consapevole e render e il terreno fertile alle nuove generazioni affinché queste far germogliare visioni non binarie del mondo“, spiega Cristina.
“La mia famiglia mi ha sempre insegnato che dovevo vedere nella diversità un punto di forza. Quello che faccio io oggi è offrire un’immaginario diverso anche solo a un bambino su cui poter proiettare la propria visione futura e non invece pensare di essere sbagliato perché diverso dagli altri. Molti mi mandano messaggi dopo le mie letture: le mamme mi ringraziano parlando dei figli che vengono presi in giro per passioni diverse dagli altri. Per me è vittoria se anche solo un bambino non si sente escluso“.
“Le favole sono servite e servono a costruire ed educare le società, devono cambiare con il cambiamento della società. I valori e i ruoli di genere sono cambiati, tutto è diventato più fluido. Abbiamo bisogno di nuove favole che rappresentino le nuove famiglie, le nuove dinamiche relazionali della società“.