Il rapporto tra Hollywood e il sesso, o meglio la rappresentazione del sesso nei film, è molto cambiata in questi ultimi anni. Rob Lowe, attore e sei volte candidato ai Golden Globe, ha recentemente ricordato la “regola della pagina 73” in un episodio del suo podcast “Literally!”, con ospite Kristin Davis (la Charlotte di Sex & the City). Questa regola non scritta dell’industria cinematografica indicava che, nei film hollywoodiani di un tempo, la scena di sesso compariva solitamente intorno alla pagina 73 della sceneggiatura. Questo accadeva perché il secondo atto di un film è spesso considerato una delle parti più complesse della narrazione, e l’inserimento di una scena intima serviva a mantenere alta l’attenzione del pubblico.
Lowe, considerato da sempre un sex symbol, ha voluto parlare di come, negli anni ’80 e ’90, le scene di sesso esplicite fossero praticamente un requisito automatico nei film. E ha citato il caso del suo film del 1988 “Masquerade”, che all’epoca venne considerato “troppo sexy” al punto da essere scartato dallo studio di produzione.
Oggi, invece, le scene intime sono meno frequenti e, quando un attore o un’attrice le interpreta, viene spesso elogiato per il suo “coraggio”. Lowe ha trovato ironico questo cambiamento, commentando come un tempo queste scene fossero la norma, mentre oggi sono viste come atti audaci.
Non è un caso che dopo lo scandalo Weinstein la figura del coordinatore d’intimità è diventata chiave nella produzione di un film. Curiosamente (ma neanche tanto), Lowe stesso ha vissuto sulla propria pelle “l’ostracismo” di Hollywood per uno scandalo sessuale.
Nel 1988, infatti, la sua carriera in ascesa fu bloccata per il ritrovamento di un sex tape in cui faceva sesso con due donne (di cui una minorenne). Nastro registrato la sera prima della convention del Partito Democratico a cui Lowe avrebbe partecipato per dare sostegno a Michael Dukakis (che fu sconfitto da George Bush senior).
Lowe ha dunque riflettuto sui cambiamenti in atto nell’industria cinematografica, sottolineando come le trasformazioni e le nuove sensibilità possano rappresentare un’opportunità per costruire un nuovo modo di raccontare storie sul grande schermo.