Per Jay Hastings, ex portiere del Dakota, il condominio di New York City dove viveva John Lennon, l’8 dicembre 1980 è un giorno che non dimenticherà mai. Proprio pochi giorni fa, l’uomo ha ricordato il momento in cui il cantante dei Beatles fu assassinato da Mark Chapman all’esterno dell’edificio. “Ricordo tutto come se fosse ieri”, ha raccontato l’uomo, spiegando che dopo che Lennon fu sparato, incontrò il suo asassino
John Lennon fu ucciso da Mark David Chapman davanti all’edificio residenziale dell’Upper West Side alle 22:50; diverse ore prima, lo stesso Chapman aveva avvicinato Lennon per un autografo e aveva con sé la pistola, ma non trovò il coraggio di sparargli subito. Dopo l’aggressione, Lennon fu trasportato al vicino Roosevelt Hospital meno di 10 minuti dopo e fu dichiarato morto all’arrivo. Di quella notte, Jay Hastings dice di ricordare che un altro portiere di nome Jose incontrò per primo il cantante di Strawberry Fields Forever, pochi istanti dopo il suo omicidio.
“Senti Jose fuori dire: ‘Oh Mr. Lennon’. Boom, boom, le porte si chiusero e sentii il rumore dei tacchi che salivano dal vialetto”, racconta Hastings. “Così mi sono avvicinato al bancone, dove c’era un pulsante di sicurezza nascosto per sbloccare la porta, in modo da poter entrare nel Dakota vero e proprio”.
Come riportato da PEOPLE, Jay Hastings continua: “Mentre ero lì con il dito sul pulsante, John Lennon arrivò di corsa, subito dopo aver sentito gli spari, e disse: ‘Mi hanno sparato, mi hanno sparato’ e mi passò davanti fino all’ufficio sul retro, e poi crollò”. Lennon era stato sparato quattro volte, a distanza ravvicinata ed era stato colpito ad un un polmone e ad importanti vasi sanguigni sopra il cuore. L’uomo ammette di non essere riuscito a valutare immediatamente la gravità della ferita di John Lennon: “Non sapevo quanto fosse grave. Sono andato nell’ufficio sul retro, Yoko Ono era lì, proprio dietro di lui, e gridava: ‘Chiamate un’ambulanza. Chiamate un’ambulanza’”. Jay Hastings ricorda anche che Jose “aveva già premuto il pulsante di emergenza che si trovava nella cabina del portiere, e che sovraccarica la linea in uscita con un appello costante alla polizia”.
Nel tentativo di contattare la polizia, Jay Hastings chiamò anche il 911 dall’atrio del Dakota. Quando Jose disse a Hastings che l’aggressore di John Lennon era ancora fuori e disarmato, afferrò la mazza da golf in cima alla cassaforte e scese “le scale, perché avevo intenzione di colpire questo tizio, perché temevo che sarebbe scappato”.
Quando si avvicinò a Chapman, Hastings notò un dettaglio inquietante, perché l’assassino di Lennon era “rivolto verso il muro, mentre faceva qualcosa. Stava leggendo un libro”. Pochi istanti dopo, ricorda l’arrivo della polizia, che inizialmente pensava che Hastings fosse il colpevole: “Sembravo un po’ pazzo, avevo già le mani sporche di sangue, avevo solo la camicia, la mia camicia bianca senza cravatta”.
Ma Jose indicò subito Chapman, che fu arrestato e infine condannato a 20 anni di carcere per aver sparato a John Lennon. Lo scioccante omicidio è stato riesaminato in John Lennon: Murder Without a Trial, una docuserie di Apple TV+ in tre parti, che ha debuttato mercoledì. La foto degli occhiali insanguinati di John Lennon, scattata da Yoko Ono, è diventata una delle immagini più rappresentative dell’omicidio.