Le parabole professionali di Luciano Spalletti e Francesco Totti, rispettivamente nelle vesti di allenatore e giocatore simbolo della Roma, si sono incrociate in due occasioni diverse, dai primi anni 2000; e se nel primo caso si può parlare di una relazione lavorativa che per entrambi si è rivelata proficua, il loro secondo incontro, tra il 2016 e il 2017, ha dato il là a un rapporto difficile fatto di scontri e incomprensioni, culminato con una lite pesantissima. Vediamo nel dettaglio cos’è successo durante la seconda avventura di Spalletti come allenatore della Roma.
Dopo anni di gavetta in realtà di provincia come Empoli e Udine, Luciano Spalletti approda per la prima volta sulla panchina della Roma nell’autunno 2005, dove trova un Francesco Totti all’apice della forma che, nonostante due gravi infortuni, nelle stagioni successive si toglierà diverse soddisfazioni, sia di squadra, sia personali, come la vittoria, nel 2007, della Scarpa d’Oro, il trofeo individuale riservato al maggior realizzatore dei principali campionati europei. Nella sua biografia, scritta in collaborazione con il giornalista Paolo Condò, Totti ricorda così il rapporto con Spalletti in quegli anni: “Spalletti è un grande allenatore, forse il migliore che abbia avuto, e questo vale per entrambi i suoi periodi alla Roma. Ma nel primo fu qualcosa di più, specie nei miei confronti, perché era il tecnico col quale andare a cena e parlare liberamente, senza doversi preoccupare di tacere un’opinione, temendola inopportuna.“. Dal canto suo, Spalletti all’epoca aveva rivolto parole al miele nei confronti del capitano:, dichiarando che il suo approdo alla Roma fosse dovuto in gran parte proprio alla volontà di allenare il Pupone.
All’inizio della stagione 2009-2010, però, dopo un inizio di campionato stentato, l’allenatore toscano viene esonerato, e in un’intervista del novembre 2010 a Sky Sport 24, rilasciata dopo aver vinto il campionato russo, punzecchia il suo ex giocatore; “Mi ha fatto i complimenti? Sono contento, lo ringrazio, magari se mi avesse detto qualcosa di più quando sono andato via sarebbe stato meglio“. Passano gli anni; mentre Totti diventa sempre più “Re di Roma” a suon di gol, Spalletti vive appieno la sua esperienza sovietica, fino al 2014. Nel gennaio 2016, dopo uno scudetto sfiorato (con 10 vittorie nelle prime gare del campionato 2014/2015) la Roma, allenata dal francese Rudi Garcia, annaspa a metà classifica. L’esonero è inevitabile; sulla panchina giallorossa viene dunque richiamato Spalletti, reduce da un periodo di inattività. Totti, in quel periodo non è più la macchina da gol degli anni precedenti, e nel primo mese della nuova gestione, viene fatto giocare pochissimo.
A fine febbraio, a pochi giorni dalla partita casalinga contro il Palermo, Totti concede un’intervista alla giornalista Rai Donatella Scarnati in cui lamenta il poco utilizzo, minacciando di accasarsi altrove, rifiutando il rinnovo del contratto, e definendo la relazione con Spalletti ridotta a “buongiorno e buonasera”. La reazione del tecnico è violenta; Spalletti, il giorno dopo, caccia Totti, senza troppe cerimonie, dal ritiro di Trigoria e lo esclude dalla lista dei convocati per la successiva partita contro i siciliani. Totti nella sua biografia racconta che il tecnico, dopo avergli chiesto conto dell’intervista, gli comunica l’esclusione; “La punizione più umiliante, tremo dalla rabbia”. Durante la lunga discussione che segue, Spalletti rincara la dose: “Scordati di essere insostituibile, tu adesso sei come gli altri”. A quel punto, la reazione del campione è scomposta: “Vigliacco, adesso che non ti servo più, mi rompi il cazzo, eh?”. Su consiglio della moglie e dell’amico Vito, Totti, la sera di Roma – Palermo si presenta comunque allo stadio; ad accoglierlo, un boato di approvazione dei tifosi, che fischiano Luciano Spalletti.
Nel dopopartita, l’allenatore toscano analizza così la situazione: “E’ già passata la situazione, nelle intenzioni c’è la soluzione. Lui è stato a vedere la partita, negli spogliatoi e domani si allena. E’ stato solo un momento di rabbia, reazione e malessere che si può capire perché sa di essere ancora un giocatore e vuole fare quello. Se lo fa il più grande campione del dopoguerra sembra qualcosa di eccezionale. Bisogna avere rispetto del campione ma devo averlo per tutti. Sennò ognuno convoca una conferenza quando vuole e dire quello che gli pare. Mi sembra che abbia voluto creare dei disturbi, ma alla fine secondo me ci ha ripensato, negli spogliatoi aveva la faccia di quello che si è dispiaciuto; per me è tutto finito, io non sono venuto a rompere i coglioni a nessuno, ma ci sono dei ruoli da rispettare. vuole avere un futuro da dirigente? Vuole giocare? Faccia quello che vuole, ma se vuole giocare, deve stare alle mie regole. Vuole rispetto, amicizia? Ma il rispetto e l’amicizia sono una maglia con un numero?”
Nelle settimane successive le cose di fatto non migliorano; Francesco Totti, in campionato e in Champions, accumula pochi minuti. Si arriva così alla trasferta di Bergamo, datata 16 aprile; al termine della partita, che la Roma pareggia sul 3-3 proprio con un gol di Totti, da subentrato, negli spogliatoi scoppia una violentissima lite tra i due, che Francesco Totti riassume così: “Mi trovo la sua faccia davanti alla mia, alla fine ci devono separare in quattro, altrimenti ce le saremmo date di santa ragione: “Hai rotto le palle, pretendi ancora di comandare… hai giocato a carte, nonostante i miei divieti, hai chiuso“. Nel dopopartita, Spalletti liquida così il contributo di Totti: “Francesco ha segnato, ma la partita l’ha raddrizzata la squadra”.
Nella giornata successiva, decisiva per la qualificazione in Champions’ League, a 20′ dal termine la Roma è sotto 2-1 con il Torino. Poi, nel giro di tre minuti, Totti ribalta il risultato, consegnando la vittoria ai suoi, prima con un gol in seguito a un calcio di punizione e poi con un rigore: “I compagni che mi abbracciano sono esaltati, persino Spalletti non può esimersi dall’assestarmi una pacca; una conclusione davvero incredibile“. Spalletti, nel dopo partita, non condivide gli entusiasmi: “Il problema è che fra quello che è il ruolo dell’allenatore e quello che è la storia di questo calciatore qui c’è una serie di situazioni da analizzare. Io divento sempre quello cattivo, ma come ho detto in precedenza io faccio l’allenatore e scelgo, anche sbagliando, solo per vincere le partite. lui è uno che deve essere messo in condizione come nei match di questa sera: quando la squadra prende in mano la partita e a lui quando gli passa la palla tra i piedi diventa telecomandata.”
La stagione successiva sarebbe proseguita, senza particolari picchi, sulla stessa falsariga; Totti collezionerà solo diciotto presenze tra campionato e coppe, con due gol. Quella sarà l’ultima annata di Totti da calciatore professionista, con un futuro già tracciato come dirigente. Proprio alla parte finale del campionato risalgono due ulteriori episodi di tensione con il tecnico: domenica 7 maggio 2017 la Roma fa visita al Milan a S. Siro, ma Totti rimane in panchina per tutta la partita: “La mia ultima umiliazione”, dirà Totti. Alle domande dei giornalisti, Spalletti risponde: “Penso di avere gestito la cosa come avrebbero fatto anche altri… non mi sembra che con allenatori precedenti le cose fossero diverse”.
In occasione dell’ultima partita della stagione e della carriera di Francesco Totti, in casa contro il Genoa, nel quale il capitano gioca per 40′, Luciano Spalletti ammette: “In quest’anno e mezzo probabilmente ho sbagliato nel suo utilizzo, ma questa esaltazione continua nei suoi confronti potrebbe diventare un problema.. qualche volta posso avergli creato un limite, ma le intenzioni erano quelle di aiutare la squadra“. In quell’ultima stagione, peraltro il rapporto fra i due viene ulteriormente condizionato da un’intervista di Ilary Blasi, all’epoca moglie di Totti, rilasciata alla Gazzetta dello Sport di fine settembre 2016, in cui, con riferimento ai fatti del febbraio precedente, si legge: “Francesco chiedeva solo rispetto ed era giusto, si poteva essere più delicati e Spalletti sicuramente non lo è stato, non l’ha saputo guidare in un percorso umano. Le persone le giudico anche da questo”. Non critico la scelta tecnica, critico il comportamento umano e Spalletti è stato un uomo piccolo, punto“.
Dopo il ritiro dall’attività professionistica, in un’intervista del 2020 a Repubblica, Totti ripercorre a volo d’uccello tutto quel periodo: “Sapevo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Nella stagione precedente avevo capito che non avrebbero voluto rinnovarmi il contratto: però, poi, ogni volta che subentravo cambiavo le partite e facevo gol. Dopo quella con il Torino, dove entrando a 4 minuti dalla fine ne feci due, me lo rinnovarono a furor di popolo. Mi sarei dovuto ritirare in quella sera perfetta, dopo l’apoteosi, come mi suggerì Ilary e ci pensai anche. Poi dopo una notte insonne decisi di continuare, ma il rapporto con lui purtroppo era già compromesso… più mi impegnavo, più lui cercava la rottura, la provocazione, il litigio o il pretesto. Capii in fretta che in quelle condizioni proseguire sarebbe stato impossibile. Così, per la prima volta in 25 anni di Roma, tra gennaio e febbraio, mollai… Quell’ultimo anno comunque fu un incubo. In quei giorni iniziai a ripensare a come si comportava agli inizi, quando ero il capitano, il simbolo, il giocatore indiscusso. E capire che mi stavano dicendo: ‘Hai 40 anni, fatti da parte, non rompere i coglioni’, mi fece male“.
Spalletti, in una lunga intervista a Sky nel 2018, era tornato a sua volta sull’argomento, negando ogni responsabilità: “Per esempio che io l’abbia fatto smettere di giocare a calcio: non è assolutamente vero. Quell’anno la società sapeva già che io sarei andato via: a quel punto lui poteva anche continuare ma ha detto basta volontariamente. Altro tormentone è che io l’abbia cacciato da Trigoria Quella volta fui molto chiaro, e con me c’erano anche Vito Scala, Andreazzoli e un uomo della società, Manolo Zubiria, gli dissi soltanto che non sarebbe andato in panchina perché in un periodo da cinque vittorie consecutive non doveva dichiarare che le cose stessero andando male. Se fai così, in panchina non vieni. Allora fu lui ad andarsene di sua spontanea volontà. Molti si portano dietro queste due storie ma sono entrambe false e ci sono dei testimoni a provarlo.