Il Mostro di Firenze è il soprannome che fu dato ad un serial killer che tra il 1968 e il 1985 uccise 16 persone. Secondo l’accusa si trattava di Pietro Pacciani, un contadino con precedenti penali e che aveva abusato delle sue figlie, ma in realtà l’identità del Mostro non è mai stata individuata con certezza. Il Mostro era solito uccidere coppie di giovani fidanzati che si appartavano nelle campagne nei dintorni di Firenze. Dopo averli sorpresi nel buio, gli sparava con una Beretta calibro 22, poi trascinava la ragazza fuori dalla vettura e si accaniva su di lei con un coltello, soprattutto mutilando il seno e i genitali. Solo in un’occasione il Mostro uccise una coppia di uomini, due turisti tedeschi che si trovavano a bordo di un furgone Wolkswagen, probabilmente perché aveva scambiato uno dei due per una ragazza.
Le prime due vittime del Mostro di Firenze furono Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, uccisi nel 1968. Di questo primo omicidio esiste un testimone, il figlio della Locci, Natalino Mele, che non risulta attendibile perché aveva solo sei anni e si era addormentato sui sedili posteriori dell’auto. Seguirono altre vittime, Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini (1974) poi Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi (1981) Stefano Baldi e Susanna Cambi (1981) quindi Paolo Mainardi e Antonella Migliorini, uccisi nel 1982, i due tedeschi Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch, uccisi nel 1983, Pia Rontini e Claudio Stefanacci, uccisi nel 1984 e i francesi Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot, uccisi nel 1985. Tutti omicidi commessi in estate, tra giugno e i primi di settembre (tranne l’omicidio Baldi-Cambi, che fu commesso ad ottobre inoltrato).
Del primo omicidio, Natalino Mele ha detto: “Io di quella sera ricordo ben poco. Ricordo che furono gli spari a svegliarmi e che vidi mia mamma in un pozzo di sangue. Questa immagine fa parte degli incubi che ho ancora oggi” Si ipotizza che l’assassino abbia preso il bambino sulle spalle e lo abbia portato fino ad una casa abitata, per lasciarlo davanti alla porta “Mi ricordo che le persone che mi accolsero furono gentili con me”. Si dice anche che quell’uomo, mentre portava Natalino, canticchiasse “La tramontana” una canzone di Antoine che fu un successo di quell’anno.
Gli omicidi del Mostro restano uno dei misteri italiani irrisolti più inquietanti e nella prima metà degli anni ’80 ebbero un grande risalto mediatico, ma soprattutto ebbero un forte impatto sulla vita di Firenze, in modo particolare sulle abitudini dei giovani. Nelle campagne furono collocati dei cartelli, rimasti celebri, in cui si mettevano in guardia i ragazzi che si appartavano da potenziali aggressioni. Molti genitori, saggiamente, permisero ai figli e ai loro fidanzati di fare l’amore in casa, in sicurezza. Al culmine della sua escalation omicida il serial killer di Firenze arrivò a mandare alla procuratrice Silvia Della Monica, una lettera con un brandello del seno di una delle sue ultime vittime, la francese Nadine Mauriot.
Silvia Della Monica ha raccontato di quando le arrivò la busta con la lettera del Mostro di Firenze:
“Ricordo di aver preso la busta e di averla messa davanti al balcone, per guardarla in controluce. Mi sono resa conto che dentro c’era qualcosa e in quel momento ho capito. Ho preso questa busta e l’ho portata al collega Gabriele Chelazzi. Gli ho detto che non potevo aprirla “Guarda tu e poi mi fai sapere” e così è venuto fuori che si trattava di un macabro reperto, un lembo del seno della Mauriot”.
Perché Pietro Pacciani fu accusato degli omicidi del Mostro di Firenze?
In quel periodo fu istituita la SAM, la Squadra Anti-Mostro guidata da Ruggero Perugini, che indagò su Pietro Pacciani, un contadino che nel 1951 aveva ucciso con 19 coltellate Severino Bonini, l’amante della sua fidanzata, Miranda Bugli e che negli anni a seguire aveva abusato sessualmente delle sue due figlie. Renzo Rontini, padre di una delle vittime ricorda anche a Vicchio Pacciani era conosciuto come una persona violenta che arrivò a sbattere suo padre su una graticola rovente, durante una lite. Non solo, in casa sua fu trovato anche un album da disegno che quasi certamente era appartenuto ad Horst Meyer, uno dei due tedeschi uccisi (l’album aveva il prezzo in marchi sul retro). Pacciani è morto a causa di un infarto, il 21 febbraio 1998, ma la sua morte è da sempre oggetto di speculazioni ed è stato ipotizzato anche un avvelenamento da parte di ignoti.
Graziella Pacciani, figlia di Pietro, dichiarò in una deposizione (rilanciata da Repubblica) che da quando lei aveva 11 anni, fino quando ne compì 19, suo padre picchiò e abusò sessualmente di lei e sua sorella. “Ci mostrava giornali pornografici e voleva che noi si facesse come nelle foto. A volte era ubriaco, La mattina dopo si comportava come se non fosse successo niente, non voleva credere di essere stato lui” e aggiunse: “Alla mamma puntava il fucile addosso, una volta le tirò l’accetta, lei per fortuna si scansò. Lo ha fatto anche quando eravamo grandi, non ci hai mai voluto bene”. L’altra figlia di Pacciani, Rosanna, fu più diretta e raccontò che il padre le stuprava a turno in casa, ma anche nei boschi e nei capanni. E quando si trovava in campagna con lei, guardava anche le coppie appartate con un binocolo. Le figlie di Pacciani aggiunsero che il padre le obbligava a mangiare cibo per cani.
Le indagini non portarono mai ad una soluzione definitiva del mistero. Per gli omicidi del serial killer fu condannato (e poi assolto) Pacciani e uccessivamente furono condannati i due “compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Compagni di merende è un termine entrato nell’immaginario collettivo (anche in maniera ironica) e originato proprio dalla bizzarra deposizione di Vanni durante il processo.
Nel 2020, un anno prima della sua scomparsa, Ruggero Perugini rilasciò un’intervista a Ok!Mugello nel quale si diceva assolutamente certo che Pacciani fosse l’unico assassino. “Che io sappia, in trent’anni non è accaduto nulla di concreto che mi portasse a dubitare dell’identità del cosiddetto mostro” – disse – “il fatto che Pacciani conservasse oggetti appartenuti ad una delle vittime del delitto dell’83 è qualcosa di più di un indizio, che comunque va considerato nel più vasto quadro delineatosi nel corso delle indagini.” Perugini, che nel 1992 lanciò un appello televisivo all’assassino, restava convinto che i delitti del mostro erano opera di una sola persona. I gli omicidi di Firenze erano caratterizzati da una firma, che rispetto al modus operandi “non cambia mai perché risponde a una specifica esigenza interiore dell’autore del delitto. Sono comportamenti che non sono funzionali alla consumazione del delitto ma che egli deve porre in essere per trarne la gratificazione sperata, che è il suo vero obiettivo. In genere tale bisogno scaturisce da una fantasia ossessiva, talmente intima e legata a esperienze personali da non essere condivisibile. Ecco perché sono stato e sono tuttora convinto che ed attuare i delitti commessi nella provincia di Firenze sia stata una sola persona. Con ciò non nego di aver sospettato che Pacciani potesse essersi talora servito, magari in sopralluoghi dissimulati da “merende”, di qualcuno di quelli cui era solito ogni tanto accompagnarsi e che furono per questo da noi investigati. Ma, almeno nel periodo in cui fui a capo della SAM, non emersero prove di un loro consapevole coinvolgimento operativo.”
Anche Renzo Rontini, il padre di Pia, uccisa insieme al fidanzato a Borgo San Lorenzo si disse convinto che l’assassino fosse Pacciani. In un’intervista a Repubblica, nel ’94, dichiarò: “Quello che mi ha fatto convincere che è lui l’essere che ha ucciso i nostri figli – Dio me ne voglia se dovessi sbagliare – sono state proprio le sue dichiarazioni di innocenza. È stato quando ha detto che lui vuole bene a tutti, che adora le figlie, che non ha mai fatto del male a nessuno. Quel giorno mi sono detto: è lui.”
Natalino Mele è di diverso avviso: “Io credo che Pacciani ed i compagni di merende non fossero i colpevoli ma, al massimo, dei comprimari. Chi ha ucciso era una persona colta che conosceva l’anatomia e che aveva una mira ed una freddezza incredibile. Pensi che sparò al buio a quel ragazzo che cercava di scappare dalla macchina. Ho sempre pensato che ci fosse qualcuno molto vicino agli inquirenti. Qualcuno colto e capace di cambiare le carte in tavola”.
Tra le numerose piste investigative, la più celebre è la cosiddetta pista sarda, che ruotava attorno ad alcuni sospettati legati al primo omicidio del mostro, nel 1968. Un’altra pista investigativa molto discussa fu quella sulla morte di Francesco Narducci, un medico di Perugia che fu trovato morto nel Trasimeno un mese dopo l’ultimo delitto del mostro. Quest’ultima pista in particolare vedeva coinvolto Angelo Izzo, uno degli autori del “massacro del Circeo” e ipotizzava un possibile legame tra Narducci e una setta esoterica denominata “Rosa Rossa”. Negli anni più recenti si è parlato addirittura di un fantasioso collegamento tra il Mostro di Firenze e Zodiac, il serial killer che ispirò il film di David Fincher.
Sul caso del Mostro di Firenze sono stati realizzati due film nel 1986, usciti quasi in contemporanea, una miniserie Fox Crime del 2009 (incentrata soprattutto sull’omicidio di Pia Rontini e Claudio Stefanacci). Da anni si parla di un film tratto dal libro Dolci colline di sangue di Mario Spezi e Douglas Preston.