Gravi accuse emergono sul trattamento riservato a Greta Thunberg durante la sua detenzione in Israele, dopo il fermo della missione umanitaria Global Sumud Flotilla diretta verso la Striscia di Gaza. Secondo quanto denunciato dal giornalista turco Ersin Celik, l’attivista svedese sarebbe stata vittima di abusi e umiliazioni durante la sua prigionia.
Le testimonianze raccolte descrivono una situazione allarmante. Celik, appena sbarcato dall’aereo che ha riportato 136 volontari a Istanbul, ha dichiarato alla figlia del presidente turco Erdogan che Thunberg sarebbe stata “bendata, ammanettata, trascinata per terra e costretta a baciare la bandiera israeliana“. Parole che contrastano nettamente con l’immagine rassicurante diffusa inizialmente dal ministero degli Esteri israeliano attraverso i social media.
Un documento ufficiale getta ulteriore luce sulla vicenda. Una lettera inviata dal ministero degli Esteri di Stoccolma ai genitori dell’attivista, pubblicata dal quotidiano britannico The Guardian, rivela condizioni di detenzione preoccupanti. Secondo il funzionario dell’ambasciata svedese che ha incontrato Thunberg in carcere, la giovane sarebbe stata rinchiusa in una cella infestata da cimici, con conseguenti eruzioni cutanee su tutto il corpo.
Il documento diplomatico svedese elenca una serie di ulteriori problematiche: disidratazione, alimentazione insufficiente e l’obbligo di rimanere in piedi per periodi prolungati o di sedersi su superfici molto dure. Dettagli che dipingono un quadro ben diverso dalle immagini iniziali che mostravano un soldato porgere gentilmente una bottiglietta d’acqua all’attivista subito dopo il fermo.
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L’arresto di Greta Thunberg è avvenuto nella notte del primo ottobre, quando la marina militare israeliana ha fermato l’ammiraglia Alma della Global Sumud Flotilla a poche miglia dalla costa di Gaza. Insieme a lei viaggiavano altri attivisti di rilievo internazionale, tra cui l’ex sindaca di Barcellona Ada Colau, il brasiliano Thiago Ávila e Mandla Mandela, nipote del celebre leader sudafricano Nelson Mandela.
Per la ventiduenne svedese non si tratta del primo scontro con le autorità israeliane. Lo scorso 7 giugno era già stata arrestata mentre navigava verso Gaza a bordo della nave Madleen, venendo poi espulsa con un divieto di ingresso in Israele valido per cento anni. A meno di quattro mesi di distanza, il suo secondo tentativo di raggiungere la Striscia ha evidentemente inasprito la reazione delle autorità di Tel Aviv.
Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana di Global Movement to Gaza, ha espresso al Corriere della Sera una forte preoccupazione per i cosiddetti “recidivi”. “Persone come Greta Thunberg, Tony La Piccirella e Thiago Ávila stanno rischiando dei provvedimenti duri. Chiediamo che su questo gruppo si vigili in maniera molto seria, perché quello a cui possono andare incontro è gravissimo“.
Il caso solleva interrogativi sul trattamento dei detenuti stranieri nelle carceri israeliane e sull’eventuale uso di metodi intimidatori nei confronti degli attivisti che cercano di raggiungere Gaza per portare aiuti umanitari o testimoniare la situazione nella Striscia. Le autorità israeliane non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in risposta alle accuse contenute nella lettera diplomatica svedese.
Mentre l’attivista dovrebbe essere rimpatriata in Svezia, resta da vedere se le autorità di Stoccolma intraprenderanno azioni diplomatiche formali sulla base delle informazioni raccolte dal proprio funzionario consolare.



