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Home » Innovazione » Scienza » C’è uno spazzino cerebrale che ripulisce il cervello dai ricordi che non servono: ecco come funziona

C’è uno spazzino cerebrale che ripulisce il cervello dai ricordi che non servono: ecco come funziona

Dimenticare non è un segno di debolezza o di disattenzione: è un’abilità evoluta del cervello, fondamentale per pensare meglio.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino20 Giugno 2025
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il modello di un cervello accompagnato da un neurone
il modello di un cervello accompagnato da un neurone (fonte: Unsplash)
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Il cervello possiede un “spazzino mentale” interno, capace di cancellare attivamente i ricordi inutili per fare spazio a quelli importanti. Questo meccanismo è diverso dalla semplice dimenticanza passiva. Si tratta di un’azione precisa e veloce, governata da onde cerebrali che partono dalla parte frontale del cervello. Comprendere e potenziare questo processo potrebbe aiutare a gestire pensieri intrusivi, stress, disturbi dell’umore e migliorare la concentrazione.

Durante la giornata, il cervello riceve una quantità enorme di informazioni. Ricorda numeri, volti, nomi, ma anche pubblicità, dettagli irrilevanti e distrazioni. Eppure, nella maggior parte dei casi, riesce a concentrarsi su ciò che davvero serve. Come fa? La risposta sta in un meccanismo neurologico appena scoperto: un sistema interno di “pulizia della memoria” che seleziona cosa conservare e cosa eliminare. Proprio come uno spazzino, questa funzione cerebrale attiva cancella in modo mirato i ricordi superflui, liberando spazio nella memoria di lavoro.

un cervello
un cervello (fonte: Unsplash)

Un recente studio della University of Wisconsin–Madison ha osservato questo processo in tempo reale usando l’elettroencefalogramma (EEG). I ricercatori hanno chiesto a dei volontari di memorizzare due oggetti, poi di “dimenticarne” uno su comando. A quel punto, nel cervello si è verificata un’onda elettrica diretta dalla parte anteriore (quella del controllo e delle decisioni) a quella posteriore (che elabora la vista e le percezioni). Questa “onda di cancellazione” si è attivata dopo circa 160 millisecondi dal comando, segnalando l’eliminazione attiva del ricordo indicato. Se invece il ricordo veniva solo ignorato, senza un comando preciso, non si osservava la stessa intensità del segnale.

I risultati sono importanti perché dimostrano che dimenticare non è solo un fatto casuale o legato al tempo: il cervello può scegliere cosa cancellare in modo attivo. Dopo la rimozione, le aree visive coinvolte nel ricordo eliminato diventano meno sensibili, quasi “spente”, e rispondono meno anche se stimolate. Questo silenzio neuronale impedisce ai ricordi scartati di confondere le nuove informazioni o di tornare a disturbare.

Questa scoperta aiuta a spiegare perché alcune persone, specialmente chi soffre di depressione o ansia, fanno fatica a “lasciar andare” certi pensieri: il loro meccanismo di cancellazione attiva potrebbe funzionare meno. In effetti, oltre il 75% delle persone con disturbi depressivi riporta la presenza continua di pensieri indesiderati o ricordi intrusivi. Se il cervello non riesce a silenziare queste memorie, esse restano a interferire con il presente. Allenare la mente a rimuovere attivamente questi contenuti, o stimolare le onde di cancellazione con tecniche specifiche, potrebbe diventare una strategia utile anche in campo terapeutico.

 

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