Itamar Ben-Gvir è uno dei personaggi più controversi e discussi della politica israeliana contemporanea. Nato a Mevaseret Zion, sobborgo di Gerusalemme, il 6 maggio 1976, questo avvocato di 48 anni ricopre dal dicembre 2022 la carica di Ministro della sicurezza nazionale nel sesto governo guidato da Benjamin Netanyahu. Leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit, che in italiano significa Potere Ebraico, Ben-Gvir rappresenta una delle voci più radicali dello scenario politico israeliano. Nelle ultime ore sta facendo parlare di sé per un video in cui è immortalato mentre insulta gli attivisti di Global Sumud Flotilla dando loro dei terroristi.
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La sua biografia personale racconta una radicalizzazione progressiva. Cresciuto in una famiglia laica, con un padre nato a Gerusalemme da immigrati ebrei iracheni e una madre immigrata ebrea curda che era stata attiva nell’Irgun Tzvai Leumi, Ben-Gvir si avvicinò alla religione durante l’adolescenza, proprio nel periodo della Prima intifada. Fu allora che abbracciò posizioni estreme, unendosi prima a un movimento giovanile affiliato a Moledet, un partito che sosteneva il trasferimento degli arabi fuori da Israele, e successivamente ai movimenti ancora più radicali Kach e Kahane Chai, organizzazioni che il governo israeliano avrebbe poi classificato come terroristiche e bandito dal paese.
Il suo attivismo giovanile gli costò caro: a 18 anni, quando avrebbe dovuto entrare nell’esercito israeliano, fu esentato proprio per il suo background politico di estrema destra. Secondo le sue stesse dichiarazioni, Ben-Gvir sarebbe stato detenuto già all’età di 14 anni e avrebbe accumulato nel corso degli anni dozzine di incriminazioni. In un’intervista del novembre 2015, affermò di essere stato incriminato 53 volte, anche se nella maggior parte dei casi le accuse furono respinte dai tribunali. Nel 2007, tuttavia, arrivò una condanna definitiva per istigazione al razzismo.
Uno degli episodi più inquietanti della sua storia è legato all’assassinio del primo ministro Yitzhak Rabin. Nel 1995, dopo che Rabin aveva firmato gli accordi di pace di Oslo con la Palestina, Ben-Gvir rubò l’ornamento del cappuccio della Cadillac del premier e, mostrandolo pubblicamente, pronunciò una frase che sarebbe diventata tristemente nota: “Siamo arrivati alla sua macchina, arriveremo anche a lui“. Rabin fu assassinato da un estremista ebreo appena due settimane dopo. Questo episodio ha segnato indelebilmente l’immagine pubblica di Ben-Gvir, evidenziando il clima di odio che aveva contribuito a creare.
Come avvocato, Ben-Gvir si è specializzato nella difesa di radicali ebrei sotto processo in Israele, consolidando la sua reputazione di paladino dell’estrema destra israeliana. Le sue posizioni politiche includono l’espulsione dei cittadini arabi di Israele che non dimostrano fedeltà al paese, una proposta che ha suscitato accuse di razzismo e violazione dei diritti umani.
Prima di entrare in carica come ministro, Ben-Gvir era noto per avere nel suo salotto un ritratto del terrorista Baruch Goldstein, l’estremista che nel 1994 uccise 29 fedeli musulmani palestinesi e ne ferì altri 125 nel massacro della Grotta dei Patriarchi a Hebron. Il ritratto fu rimosso solo in preparazione delle elezioni legislative del 2020, in una mossa strategica per rendersi più presentabile agli occhi dell’elettorato moderato e poter candidarsi nella lista di destra unificata guidata da Naftali Bennett.
Nel maggio 2021, durante la controversia di Sheikh Jarrah, Ben-Gvir allestì un ufficio improvvisato nel quartiere di Gerusalemme Est, in segno di solidarietà con i coloni ebrei. I residenti palestinesi del quartiere affrontavano potenziali sfratti da anni, e la presenza provocatoria del politico contribuì a infiammare ulteriormente la situazione. Il commissario di polizia Kobi Shabtai attribuì proprio a Ben-Gvir la responsabilità dello scoppio di violenti scontri. Solo dopo che Netanyahu accettò di aumentare la presenza della polizia nel quartiere durante il Ramadan, Ben-Gvir smantellò il suo ufficio e lasciò la zona.
Il 3 gennaio 2023, ormai ministro, Ben-Gvir visitò il Monte del Tempio, dove si trova la Moschea al-Aqsa, uno dei luoghi più sacri dell’Islam. La visita fu universalmente considerata provocatoria e scatenò un’ondata internazionale di critiche, aumentando le tensioni in un’area già estremamente volatile.
Ieri, l’ultimo atto di questa “carriera”. Al termine dello Yom Kippur, ha visitato la struttura di Ashdod dove erano detenuti i circa 450 membri dell’equipaggio della Global Sumud Flotilla, intercettati mentre tentavano di portare aiuti umanitari a Gaza. La visita si è trasformata in uno show propagandistico: il ministro ha diffuso sui social un video in cui arringa animosamente le persone sedute a terra in fila, circondate da poliziotti, accusandole di essere venute in Israele “per dare supporto ai terroristi” e di non portare aiuti umanitari ma solo droghe e alcol.
Secondo le testimonianze raccolte dagli avvocati di Adalah, organizzazione che ha assistito gli arrestati, quando Ben-Gvir è arrivato nell’hangar alcuni attivisti avrebbero iniziato a cantare “Free Palestine”. La polizia ha reagito facendoli inginocchiare e ammanettandoli con fascette di plastica. Tutti gli arrestati sono stati poi fatti sedere in file indiane mentre il ministro ordinava di girare il video diffuso sui social, in cui li accusa ripetutamente di terrorismo.
Lo staff di Adalah ha denunciato che le condizioni detentive in cui sono stati tenuti gli arrestati della Flotilla “non sono degne di un paese democratico”, sottolineando come si tratti di abusi che per decenni sono stati commessi sui palestinesi nell’indifferenza dell’opinione pubblica. Secondo l’organizzazione, il governo estremista avrebbe ora cominciato ad applicare le stesse politiche anche agli occidentali, segnando un pericoloso punto di non ritorno nella deriva autoritaria del paese.



