Nel buio delle cronache criminali italiane degli anni ’90, un volto femminile emerge con forza: Eva Edit Mikula, la giovane compagna di Fabio Savi, uno dei capi della Banda della Uno Bianca. Rumena di origine, fuggita da un’infanzia segnata da violenza domestica in Transilvania, arriva in Italia da minorenne ed incontra Savi nei primi anni ’90.
Insieme a lui si trasferisce a Torriana, vicino Rimini, dove convivono in clandestinità e isolamento. Lì assiste, senza partecipare, ai racconti delle rapine e degli omicidi commessi dalla banda, una delle più sanguinarie tra il 1987 e il 1994. Il gruppo, infatti, è responsabile di 103 crimini, tra cui 24 omicidi.

Il 24 novembre 1994 gli arresti: Savi viene fermato in un autogrill in fuga verso l’Est insieme a Mikula. In quel momento Eva decide di collaborare con la giustizia. In un lungo interrogatorio notturno, racconta per ore ogni dettaglio delle azioni criminali, svelando i nomi dei membri della banda. La sua testimonianza diventa cruciale per incastrare i criminali e far luce su depistaggi e omissioni investigative.
L’opinione pubblica, però, si scaglia contro di lei. Etichettata come dark lady e accusata di spionaggio o coinvolgimenti criminali, viene lasciata sola dallo Stato, esposta a dossier segreti e voci infondate. Oggi, però, quel periodo sembra essere definitivamente dietro le sue spalle.
Eva, infatti, si è sposata, ha un figlio e lavora nel settore immobiliare. Ha anche scritto un’autobiografia, Vuoto a perdere, per raccontare la sua versione dei fatti, scottante e finora inedita, e per chiedere verità e giustizia per tutti i protagonisti di quella vicenda.