M.M. è il testimone oculare dei primi atti violenti che hanno portato all’omicidio di Giulia Cecchettin e che, fino all’11 novembre, ha vissuto una quotidianità comune a tante persone. Come scrive Repubblica, l’uomo abita a Vigonovo, vicino ai Cecchettin, ha sui 40 anni, lavora presso una catena commerciale, ha una compagna e un figlio piccolo. Questi gli aspetti essenziali della sua esistenza fino a quando non si è trovato ad essere il testimone di uno dei casi di femminicidio che ha scosso profondamente l’opinione pubblica.
Il balcone della sua casa, infatti, affaccia a poco più di centocinquanta metri dal parcheggio dell’asilo dove Filippo Turetta ha aggredito la sua ex fidanzata che, già da tempo, si sentiva oppressa dal suo controllo ossessivo tanto da aver espresso dei forti dubbi in un audio invitato alle sue amiche. L’uomo racconta di aver sentito, intorno alle 23.15, le grida di una voce femminile che chiedeva aiuto. Affacciatosi vede qualcuno colpire con dei calci una sagoma distesa a terra che poi viene caricata di forza su una Fiat Punto partita a tutta velocità.
Tutto accade troppo velocemente di fronte agli occhi di Musumeci che, pur chiamando i carabinieri, non riesce a dare dei dati precisi, come la targa della macchina. Il buio e la distanza dal luogo dell’aggressione infatti, non l’ha aiutato a capire nemmeno una lettera. Di certo non immagina che questi brevi ma essenziali momenti lo portino ad essere considerato come il testimone chiave nel delitto della giovane Giulia, uccisa qualche chilometro più giù da Filippo.
La mattina del 12 novembre, però, comprende che qualche cosa non è andato nel migliore dei modi. Sui social, infatti, legge i primi messaggi del padre della ragazza che, non vedendola tornare, chiede la collaborazione degli abitanti della zona per avere almeno una traccia. A quel punto il testimone capisce che la scena cui ha assistito la sera prima potrebbe essere collegata alla scomparsa di Giulia. Per questo motivo decide di attraversare i pochi metri che lo separano dalla casa dei Cecchettin per raccontare quello che ha visto e che è destinata a cambiare in modo drammatico la vita di due famiglie.
“Domenica scorsa sono andato dal papà di Giulia dopo che ho visto girare gli appelli sui social che parlavano della sua scomparsa. Ma non ne voglio parlare, sono distrutto da questa vicenda, averla vissuta è davvero brutto”
Da quel momento, però, anche la sua viene scombussolata. L’anonimato è scomparso ed è iniziata la pressione da parte di giornalisti in cerca di ogni minimo particolare. Per M.M. si tratta di un vero e proprio assedio cui non è abituato e che deve affrontare con la consapevolezza di non aver potuto fare molto per evitare l’epilogo tragico.
“Non posso rilasciare altre dichiarazioni. Ho già detto tutto ai Carabinieri e ai familiari della ragazza. Sono distrutto”
Per questo motivo, una volta ascoltato dalle forze dell’ordine, ha deciso di non proferire più parola su quanto avvenuto, cercando di tornare ad essere invisibile. Un tentativo che persegue oscurando il suo profilo Facebook e togliendo il nome dal citofono. Tutti tentativi che, per ora, non riescono a metterlo al riparo dall’attenzione generale. D’altronde la fine drammatica della giovane Giulia ha colpito al cuore l’opinione pubblica, sollevando uno sfinito sdegno generale che, forse, questa volta sembra destinato a non dissolversi velocemente.