Letizia Ruggeri, nata a Milano il 27 maggio 1965, è diventata una delle figure più riconoscibili della magistratura italiana grazie al suo ruolo di pubblico ministero nel caso Yara Gambirasio. Definita “la silenziosa pm del caso Yara”, ha condotto una delle indagini più complesse e costose degli ultimi decenni senza mai rilasciare interviste o dichiarazioni pubbliche. Nel film di Marco Tullio Giordana, Yara, diretto per Netflix, è interpretata da Isabella Ragonese.
Laureata in giurisprudenza alla Statale di Milano nel 1991, Ruggeri ha ottenuto nel 1993 un doppio successo: ha vinto sia il concorso per commissario (4000 candidati per 100 posti) sia quello per magistrato (20.000 candidati per 300 posti, di cui solo 255 superarono l’esame).
Dopo una breve esperienza presso la Polizia aerea di Linate, viene inviata quale sostituto procuratore ad Agrigento, dove si occupa come pubblico ministero d’udienza di omicidi di mafia e dei cosiddetti ‘stiddari’. L’esperienza siciliana, durata fino al 1999, le ha fornito una solida preparazione nell’affrontare casi di particolare complessità e gravità.
Nel 1999 viene trasferita a Bergamo, dove inizialmente si occupa di omicidi, circa una decina. La sua carriera nella città orobica si arricchisce progressivamente di competenze specialistiche: ha gestito l’incarico che riguarda i ‘soggetti deboli’ (donne e minori, violenze e abusi) per poi passare all’anticorruzione.
La magistrata bergamasca si distingue per il suo profilo discreto e riservato. Orgogliosa di essere “un magistrato di provincia”, tiene molto al rispetto della sua vita privata. La sua personalità emerge anche attraverso le sue passioni: motociclista, guida anche un fuoristrada ed è molto sportiva: nuota regolarmente e fa alpinismo, ha raggiunto 5 vette sui 4000 metri e il campo base del K2 per il trekking.

È diventata nota – anche la BBC ha realizzato un docufilm sul suo lavoro – per aver indagato sull’omicidio di Yara Gambirasio. Il caso ha inizio quando Yara, 13enne di Brembate di Sopra, scompare la sera del 26 novembre 2010. I resti della ragazzina vengono trovati in un campo di Chignolo d’Isola 3 mesi dopo, appena si scioglie la neve.
L’indagine si rivela immediatamente complessa. Grazie al lavoro immediato dei medici legali, scelti dal sostituto Ruggeri tra i migliori d’Italia, emerge il DNA di un uomo, ribattezzato Ignoto1, che tale rimane sino all’estate del 2014. La svolta arriva attraverso un’inchiesta basata sul DNA nucleare che viene a capo di una tortuosa storia familiare, quella di Ester Arzuffi, sposata e madre di 2 gemelli concepiti con il suo amante, un autista di autobus.
Ruggeri ha via via affidato parte delle indagini alla polizia, parte ai carabinieri, conservando però solo all’interno del suo ufficio ogni informazione utile, senza fughe di notizie, sino al momento dell’arresto di Bossetti.
Il 1° luglio del 2016 viene condannato in primo grado all’ergastolo Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore poco più che 40enne. Durante il processo, nella requisitoria, Letizia Ruggeri non l’ha mai guardato in faccia. Per 2 giorni ha allineato, dilungandosi in ogni dettaglio, gli indizi che, oltre al DNA, portavano alla possibile colpevolezza dell’imputato.
Nel settembre 2024 è stato archiviato il procedimento che vedeva indagata per frode processuale la pm del caso Yara, Letizia Ruggeri, a Venezia. Il procedimento nasceva da una denuncia relativa alla gestione dei reperti processuali, ma la conclusione ha confermato la correttezza del suo operato.