Quello che sta avvenendo a Gaza in questi mesi è un genocidio. Una parola, dal giurista polacco Raphael Lemkin, un ebreo fuggito dalla Polonia, che racchiude un concetto terribile, ovvero l’eliminazione programmata e cosciente di un popolo, e che oggi è stata pronunciata con fermezza da uno degli scrittori israeliani più noti: David Grossman. In un’intervista al quotidiano La Repubblica ha detto:
“Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: “genocidio”. Ma adesso non posso trattenermi dall’usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì.Genocidio: pronunciarlo in confronto a Israele basta questo per dire che sta succedendo qualcosa di molto brutto“.

Il primo genocidio riconosciuto della Storia, infatti, è stato quello degli ebrei sterminati dai nazisti. Parlare di genocidio, ora, è come dire che lo stato ebraico si stia comportando esattamente come i loro aguzzini. Grossman, attivista e sostenitore della sinistra israeliana, critico della politica governativa nei confronti dei palestinesi di Gaza e Cisgiordania, ha perso un figlio, Uri, militare di leva, durante la guerra tra Israele ed Hezbollah nel 2006. Negli anni il suo impegno per la pace non è mai venuto meno.
“Voglio parlare come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno Stato genocida. E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. ‘Genocidio’. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza“.
Grossman propone, allora, come soluzione quella dei due Stati. E interpreta le recenti prese di posizione di Francia, Inghilterra e Canada, di voler riconoscere la Palestina come uno stato, come uno scatto positivo: “Avere a che fare con uno Stato vero, con obblighi reali, non con un’entità ambigua come l’Autorità palestinese, avrà i suoi vantaggi. È chiaro che dovranno esserci condizioni ben precise: niente armi. E la garanzia di elezioni trasparenti da cui sia bandito chiunque pensa di usare la violenza contro Israele“, ha detto.
Nei giorni scorsi due tra le maggiori associazioni umanitarie e pacifiste israeliane, B’tselem e Medici per i Diritti umani avevano rotto il “silenzio” parlando apertamente di genocidio.