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Home » Attualità » Foreign Fighters, cosa succede agli italiani che combattono all’estero?

Foreign Fighters, cosa succede agli italiani che combattono all’estero?

Luca Cecca, 34 anni, romano, è morto in Ucraina. Chi sono i foreign fighters e come sono regolamentati dalla legge italiana e internazionale?
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino25 Agosto 2025
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Distintivo militare ucraino
Distintivo militare ucraino
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Nelle scorse ore si è diffusa la notizia della presunta morte di Luca Cecca, un foreign fighter italiano che avrebbe perso la vita combattendo in Ucraina come volontario per le forze di Kiev. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, la Farnesina non ha ancora confermato l’informazione diffusa dall’associazione Memorial – International Volunteers for Ukraine. Tuttavia, Cecca, 34 anni, romano, risulta disperso da mesi.

 

Ma chi sono i foreign fighters e cosa dice la legge? I foreign fighters (letteralmente “combattenti stranieri”) sono persone che lasciano il proprio paese per andare a combattere in un conflitto armato all’estero. E lo fanno spinti dalle motivazioni più diverse. Possono esserci convinzioni politiche o ideologiche o più semplicemente per denaro (in quel caso si parla di mercenari).

Da un punto di vista legale, secondo i Diritto Internazionale Umanitario, disciplinato dalla III Convenzione di Ginevra (1949) e dal I Protocollo Aggiuntivo (1977), anche i combattenti stranieri possono essere considerati “legittimi” se rispettano certe regole:

  • portare un’uniforme o un segno distintivo;
  • essere organizzati in una struttura militare con una catena di comando chiara, come un esercito regolare;
  • distinguersi chiaramente dai civili;
  • devono rispettare le regole di guerra.

Se rispettano queste condizioni, hanno diritto alle protezioni previste per i prigionieri di guerra in caso di cattura.  La violazione di queste norme può configurare un crimine di guerra (art. 44, par. 3, III CG).

Cosa prevede però la legge italiana su questo? In Italia, partecipare a conflitti militari all’estero senza autorizzazione del governo è illegale. Gli artt. 244 e 288 del Codice Penale puniscono con 4-18 anni di reclusione chi compie atti ostili o arruola per uno Stato estero, con pene fino all’ergastolo in caso di ritorsioni contro l’Italia. La Legge n. 91/1992, inoltre, prevede la perdita della cittadinanza per chi presta servizio militare per uno Stato estero senza abbandonarlo dopo intimazione del governo italiano. Infine, la Legge n. 210/1995, che ratifica la Convenzione ONU sul mercenariato, punisce il mercenariato con 4-15 anni di reclusione se l’arruolamento avviene per lucro senza autorizzazione.

In sostanza, solo lo Stato italiano può decidere quando usare la forza militare. Queste leggi proteggono la nazione dal coinvolgimento in conflitti militari non voluti. E, in qualche modo, prevengono il rischio che possano partire anche estremisti pericolosi.

Se la notizia della morte di Cecca trovasse conferma, come quasi certa che sia, sarebbe l’ottavo italiano a perdere la vita sul fronte russo-ucraino. Gli ultimi due casi risalgono al marzo scorso quando era stata annunciata la scomparsa del palermitano Omar Dridi e del cagliaritano Manuel Mameli. Il primo a cadere fu il veneziano Edy Ongaro che combatteva tra le fila dei separatisti filorussi del Donetsk. In totale gli italiani che sono partiti volontari per la guerra nell’Est Europa sarebbero una ventina.

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