Gli assassini di Desiree Piovanelli, oggi sono quasi tutti liberi: infatti, Nicola Bertocchi, Nicola Vavassori e Mattia Franco hanno estinto il loro debito con la giustizia e sono usciti dal carcere, mentre Giovanni Erra oggi sta ancora scontando la condanna a 30 anni nel carcere di Bollate. Uno di loro è rimasto a vivere a Leno e avrebbe anche tentato di avvicinare il padre di Desiree per provare a parlagli.
Nicola Bertocchi oggi ha 37 anni e dopo essere stato condannato alla pena di 18 anni è uscito nel 2020. Fu il primo ad accoltellare Desiree, che lo aveva insultato una volta scoperte le sue intenzioni e fu anche lui a darle l’ultima coltellata, quella fatale. Bertocchi fu anche il primo ad essere fermato, perché aveva il telefono della vittima e da quello inviava messaggi alla sua famiglia. Fu grazie a questo che i carabinieri riuscirono a rintracciarlo e a scoprire il corpo della ragazza.
Nicola Vavassori, detto Nico, oggi ha 37 anni, fu condannato alla pena di 15 anni e 4 mesi ed è uscito nel 2017. Fu il secondo, tra gli assassini di Desiree Piovanelli ad essere fermato.
Mattia Franco, detto Bibo, oggi ha 35 anni, fu condannato alla pena di 10 anni ed è uscito nel 2012. Fu l’ultimo ad essere arrestato.
Giovanni Erra era l’unico adulto, tra gli assassini di Desiree, oggi ha 57 anni e sta continuando a scontare la sua pena a 30 anni nel carcere di Bollate, pur godendo di permessi di necessità, per far visita alla madre e per presenziare al funerale dei genitori. Successivamente ha ottenuto anche dei permessi premio. Erra, che a Bollate si è occupato delle pulizie e di lavori di falegnameria, non ha mai smesso di professarsi innocente e nel 2019, ha chiesto la revisione del processo, cosa che è stata chiesta anche dai legali del padre di Desiréè.
Erra ha chiesto la revisione del processo perché, come spiegò in una lettera condivisa da Fanpage: “Da oltre 16 anni sogno sempre la stessa cosa, cioè che i ragazzi dicano la verità, quello che sanno e quello che è realmente successo quel maledetto giorno in cascina. Non sono da esempio per nessuno e non lo sono mai stato perché la mia vita è stata una lunga catena di errori, che alla fine mi ha ridotto nella condizione in cui mi trovo. Sono un debole ed è stato facile, con una vita allo sbando, essere indicato come il carpo espiatorio. Che stupido che sono stato quando non ho detto agli inquirenti tutto quello che sapevo. Non l’ho fatto per paura e per proteggere i miei familiari. Non avrei mai fatto male a Desirée e non sono un pedofilo. Sono rimasto incredulo quando i ragazzi hanno fatto il mio nome. Mi sono chiesto il perché dopo tutti questi anni e non subito? Maledetto quel giorno che andai in cascina. So solo una cosa, nei minuti in cui Desirée veniva uccisa io ero in casa con la mia famiglia, ubriaco, che ronfavo sul divano. È arrivato il tempo della verità ormai e faccio appello, ai tanti, ai troppi che conoscono i patti: aiutatemi! Perché aiutando me, aiuterete anche a far emergere le effettive responsabilità dell’omicidio di Desirée. Nicola, Mattia, Nico, mi rivolgo soprattutto a voi. Oramai siete uomini, assumetevi le vostre responsabilità e fate quello che dovevate fare 16 anni fa.”
Giovanni Erra, secondo la sua versione, era andato in quella cascina per recuperare della droga, ma una volta visto il cadavere di Desiree sarebbe fuggito. Ai tempi l’uomo spacciava droga, frequentava la malavita locale, e gli errori ai quali si riferisce sono proprio quelli di una vita allo sbando, oltre al problema delle dipendenze da alcol e droga. Come riporta Fanpage, Erra ha dichiarato, sui fatti: “I magistrati e i carabinieri sanno cos’è capitato quel giorno di preciso? Non lo sanno, non sanno nulla, perché hanno creduto solo ai quei tre ragazzini. Tutti hanno creduto che io abbia influito negativamente su di loro, ma mi creda non è stato così… L’omicidio di Desirée Piovanelli era stato stabilito e deciso da loro e basta. Non da me. Io sono Giovanni il pirla. Non nego di aver fatto uso di droga. Non nego di avere avuto in vita mia tante incertezze. Ho fatto cose brutte: vendevo la droga oltre a usarla… Potrei dire molte cose di quei tragici momenti, ma non lo faccio… Io con l’omicidio non c’entro”
Erra ha un figlio (che all’epoca aveva otto anni) e una moglie che non lo hanno mai abbandonato e continuano a sostenerlo.
Per quanto riguarda gli altri assassini di Desiree Piovanelli, in un’intervista a Quarto Grado, uno di loro, dieci anni dopo l’arresto, dichiarò: “Io in quella cascina non ci sono mai stato, né ho mai visto il corpo di Desirèè. Non so se all’epoca sia stato commesso un errore nelle indagini, ma già il fatto che io non fossi presente significa che c’era qualcun altro al posto mio. Dicono che ho fatto un sacco di cose ma non sono mai state trovate prove a riguardo. Sono sempre stato dell’opinione che se sbaglio, devo chiederti scusa, ma se non ho sbagliato allora perché devo farlo? Sono anni che penso di cercare giustizia per ciò che mi è stato fatto, ma non ho intenzione di muovermi per poi eventualmente perdere: se farò qualcosa, sarà quando avrò la certezza di vincere. Altrimenti significherebbe perdere il lavoro e quei pochi amici che mi sono fatto negli anni tra mille sacrifici”.
Ricordiamo che Desiree Piovanelli, 14 anni, fu uccisa il 28 settembre 2002 nella cascina Ermengarda a Leno (Brescia). Secondo la ricostruzione ufficiale, quel giorno Desiree fu adescata da Bertocchi, che all’epoca aveva 16 anni ed che era il suo vicino di casa, con il pretesto di andare a vedere dei gattini appena nati nella cascina. Nonostante la ragazza avesse scritto sul suo diario che “Nicola è un ragazzo da non frequentare”, quel pomeriggio si fidò e fu aggredita da Bertocchi, Vavassori, Franco ed Erra, inizialmente intenzionati a stuprarla. La ragazza, che tentò di fuggire, fu accoltellata e il suo corpo fu abbandonato nella cascina, in modo da far pensare ad uno stupro.
Il padre della ragazza, Maurizio Piovanelli, anni dopo ha chiesto la riapertura del processo sostenendo invece un’altra ipotesi su come sono andati i fatti. L’uomo ritiene infatti che i ragazzi coinvolti in realtà avevano l’incarico di rapire Desiree per consegnarla ad un’organizzazione di pedofili, ovviamente dietro compenso. A Il Giorno, Piovanelli disse: “In quattro per abusare di una ragazzina e poi non ci sono nemmeno riusciti? E le fascette da elettricista? Il coltello? Erra arrivato sul posto con l’auto in retromarcia come se volesse caricare nel bagagliaio qualcuno?”. L’artigiano, 58 anni, scuote la testa: “Volevano rapirla, Desy. Qui lo sanno tutti, chieda in giro. C’è un’organizzazione di pedofili con le spalle coperte da un personaggio importante, che paga profumatamente chi porta nel giro minorenni. Si servono di coetanei per adescarle. Era così allora. È così oggi”.