La Toscana è la prima regione in Italia ad approvare una legge sul fine vita, di iniziativa popolare, promossa dall’associazione Luca Coscioni. Il Consiglio regionale, dunque, regolamenterà la procedura con la quale le persone che, vogliono accedere al suicidio assistito, possano far domanda all’Asl. Si tratta di una decisione storica, resa possibile dal lavoro costante dell’associazione Coscioni che ha raccolto 10.000 firme per poter realizzare il progetto Liberi Subito. Cosa succederà adesso? Le persone che vorranno accedere alle procedure di suicidio assistito, potranno far domanda all’Asl.
A questo punto si attiverà la commissione preposta a verificare la sussistenza dei requisiti fissati dalla Consulta affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato. In Italia, il suicidio medicalmente assistito non è regolamentato da una legge specifica a livello nazionale. Tuttavia, la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale ha stabilito che l’aiuto al suicidio non è punibile in casi specifici. La nuova legge regionale, dunque, non viola la decisione della Consulta.

La legge è stata approvata, in particolare, con 27 voti favorevoli del Pd – esclusa la consigliera regionale Dem Lucia Del Robertis che non ha espresso il suo voto -, Iv, M5s, Gruppo Misto e 13 voti contrari del centrodestra, Lega, Fi, Fdi.
Entro 15 giorni dall’entrata in vigore della legge, le Aziende Usl dovranno istituire una commissione multidisciplinare permanente per la verifica, appunto, della sussistenza dei requisiti per l’accesso al suicidio assistito. La verifica dei requisiti si concluderà entro 20 giorni dal ricevimento dell’istanza. In caso di esito positivo, la commissione permanente procede all’approvazione o alla definizione delle modalità di attuazione del suicidio medicalmente assistito entro 10 giorni.
Entro 7 giorni l’azienda sanitaria locale assicura il supporto tecnico e farmacologico e l’assistenza sanitaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco. Le prestazioni saranno gratuite.
La procedura si basa su due aspetti: le condizioni del paziente, che deve essere tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetto da una patologia irreversibile e pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli. E le modalità di esecuzione del suicidio.
Ricordiamo che in Italia, il suicidio medicalmente assistito non è regolamentato da una legge specifica a livello nazionale. Tuttavia, la sentenza n. 242 del 2019 della Corte Costituzionale ha stabilito che l’aiuto al suicidio non è punibile in determinate condizioni, tra cui:
- La persona deve essere affetta da una patologia irreversibile.
- La persona deve essere fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili.
- La persona deve essere tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.
- La persona deve essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
La legge regionale, dunque, non viola la decisione della Consulta. E non vi sono segnali che la Corte Costituzionale debba pronunciarsi nuovamente su questa specifica legge regionale. Tuttavia, il governo nazionale ha la facoltà di impugnare leggi regionali ritenute eccedenti le competenze locali, sottoponendole al vaglio della Corte entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Anche in questo caso, però, non si è ancora a conoscenza di un eventuale risposta dell’esecutivo.
Non vanno confusi eutanasia e suicidio assistito. La differenza fra queste due procedure è che nell’eutanasia non c’è partecipazione attiva del soggetto. Essa è resa possibile dall’azione diretta di un medico. Nel suicidio assistito, invece, è la persona malata che assume il farmaco letale in autonomia, pur se in situazione protetta.