Il profilo psicologico di Olindo Romano, al pari di quello della moglie Rosa Bazzi, ha rappresentato un vero cimento per criminologi e psichiatri, che si sono espressi in favore di una sorta di follia condivisa della coppia, ma con distinguo importanti. I due, lo ricordiamo, sono stati riconosciuti colpevoli di omicidio plurimo a Erba. L’accusa è quella di aver ucciso l’11 dicembre 2006, i loro vicini di casa: Raffaella Castagna e il piccolo figlio Youssef di due anni, la madre della donna Paola Galli e l’altra vicina di casa, Valeria Cherubini.
Nato il 10 febbraio del 1962, da una coppia non sposata, fatto che all’epoca destava molto scandalo, Olindo Romano è sempre apparso come un uomo sempliciotto, ma non pericoloso, pronto alla battuta e operoso. Inizia a lavorare come trasportatore, poi nel 1996 diventa netturbino.
Il matrimonio con Rosa Bazzi viene considerato come una sorta di data spartiacque per l’uomo che si rinchiude assieme alla moglie in una sorta di bolla irraggiungibile. L’appartamento in cui vivevano, 75 metri quadrati di ordine e pulizia, erano un regno in cui solo loro potevano entrare. Basso e tarchiato, Olindo taglia i ponti con la famiglia dopo le nozze con Rosa. La madre dell’uomo ha sempre identificato nella donna l’origine delle sfortune del figlio.
In realtà è stato difficile per gli psichiatri individuare con precisione il profilo del loro legame. Se sia stata lei la “burattinaia” o invece se sia stato l’uomo a esercitare sulla donna il potere di padre-marito. Di sicuro, il loro è stato un rapporto simbiotico, al limite dell’annientamento reciproco.
Come spiegato dalla psicologa Graziella Mercanti, Olindo ha spesso parlato di patto suicida con la moglie. “L’impossibilità di stare insieme era per loro annichilente tanto che Olindo ripeteva che, se non avesse potuto scontare la pena con la moglie, l’avrebbe fatta finita, smettendo di alimentarsi… se anche dovessi uscire dal carcere – ripeteva l’imputato, non ce la farei senza di lei“.
Da queste parole emerge il quadro di un individuo debole, fortemente suggestionabile, dipendente da Rosa. “Si avviluppa come un paguro, un parassita nascosto nell’identità dell’altro”, dice la psicologa Vera Slepoj. “Agli occhi di Olindo, Rosa è una donna da difendere, l’asseconda in tutto. Anche questo in psicologia è un classico: il complice sposa appieno il delirio di assunzione di colpe che non ha“, aggiunge.
Secondo il dottor Giuseppe Sartori, professore ordinario di neuropsicologia e psicopatologia forense all’Università di Padova, Olindo Romano è un soggetto credulone, responsabile di una falsa confessione acquiescente. In carcere si è ulteriormente spento, ingrassando ancora.
Di ben altro avviso il criminologo Antonio Leggiero, secondo il quale Olindo sarebbe in realtà l’individuo Alfa della coppia criminale. Romano risponderebbe al classico identikit dell’uomo violento e represso, facile agli scatti di rabbia e alla distruzione. Caratteristiche amplificate dalla presenza della moglie, vero e proprio propellente della furia omicida di Romano. Sociopatici e anaffettivi, Olindo e Rosa si sono quindi influenzati a vicenda. Seguendo il canovaccio della cosiddetta folie à deux, come vi avevamo già spiegato nel profilo psicologico di Rosa Bazzi.